QUEI 70MILA NATI



"Le difficoltà della vita non si superano sopprimendo la vita ma superando insieme le difficoltà stesse. È in forza dell'adesione a questa idea che i Centri di aiuto alla vita hanno aiutato a nascere migliaia di bambini senza che una sola parola di rimprovero o di rammarico ci sia stata rivolta dalle loro madri. Abbiamo, cioè, restituito a molte madri la libertà di non abortire": così il presidente nazionale del Movimento per la vita (Mpv), CARLO CASINI , spiega il senso di un'azione a sostegno dei nascituri e delle loro madri che il Mpv svolge in Italia ormai da trent'anni.

Nei giorni scorsi Casini ha guidato una delegazione del Movimento all'audizione presso la Commissione Affari sociali della Camera dei deputati, che sta conducendo una indagine conoscitiva circa l'applicazione della legge 194/78 sulla interruzione volontaria della gravidanza.

Oltre al Mpv, i parlamentari della Commissione, presieduta da Giuseppe Palumbo (Forza Italia), hanno ascoltato i responsabili di altre associazioni e organismi che si occupano di vita e aborto, tra cui Associazione medici cattolici, Comunità Papa Giovanni XXIII, Caritas Italiana, Progetto Famiglia per le realtà cattoliche pro-vita e Unione donne italiane, Vita di donna, Donne in genere, Donne per lo sviluppo, Il Melograno per parte laica. Qui di seguito le considerazioni e tesi proposte da Casini ai parlamentari durante l'audizione.

ALCUNI DATI SU CAV E MPV IN ITALIA. Dal 1975 alla fine del 2004 grazie ai Centri di aiuto alla vita (Cav) in Italia sono nati 70mila bambini. Solo lo scorso anno ne sono nati circa 7.000. Le gestanti straniere che si sono presentate ai Cav nel 2004 sono state il 72,6% del totale delle gestanti, nel 1990 erano il 16%: la situazione – sottolinea Casini – si è così in pochi anni "rovesciata".

Ad oggi in Italia operano 278 Centri di aiuto alla vita che assistono ogni anno oltre 30mila donne. Dall'avvio del primo Cav sono state assistite oltre 100mila gestanti, e altrettante donne, molte delle quali già madri, hanno avuto aiuto, consigli e assistenza di varia natura: si tratta in genere di sostegno economico, assistenza psicologica e morale, assistenza sociale, medica, servizi di baby-sitting. L'11% delle gestanti assistite ha potuto usufruire di ospitalità in case di accoglienza, presso famiglie o case gestite dai Cav.

Le gestanti che si presentano ai Centri sono per lo più sposate (58%), di età compresa fra i 25 e i 34 anni (51%), casalinghe (36%) o disoccupate (31%), hanno difficoltà economiche (41%). Dopo il parto, il bambino è rimasto nel 98% dei casi con la madre. Quanto alla nazionalità delle assistite, le più numerose continuano ad essere le africane (42%). Seguono le europee (24%) specie dei Paesi dell'Est, le donne dell'America Centrale e Latina (15%), e infine le asiatiche (6%). Al Mpv sono federate oltre 500 associazioni locali tra Cav, Mpv, Case di accoglienza e Servizi di accoglienza (Sav).

PERCHÈ SI ARRIVA A INTERROMPERE LA GRAVIDANZA. Tra le cause che portano all'aborto le difficoltà di ordine economico sono quelle più frequentemente indicate, ma – dice Casini – "ad una più approfondita analisi ci si accorge che la causa più generale, una sorta di comune denominatore, è la solitudine: la gravidanza appare un evento troppo pesante per essere portato sulle sole spalle della donna. Ne deriva l'efficacia del metodo di condivisione, che potrebbe essere espressa con le formule: "Non contro, ma insieme alla madre".

La controprova di questa affermazione – prosegue il presidente del Mpv – è il "Progetto Gemma" (aiuto di 160 euro al mese per 18 mesi ad una gestante) che ha realizzato finora circa 10.000 adozioni, facendo nascere 12.000 bambini ed ha erogato 30 milioni di euro. "Nessuna delle donne aiutate ha poi abortito, mentre il 40-45% di esse, prima dell'intervento, aveva già deciso formalmente di farlo", dice Casini.

LA "SCORCIATOIA" DELL'ABORTO. Nei consultori pubblici per lo più alla donna "non viene prospettata alcuna alternativa all'aborto, ma non viene neppure chiesto il motivo della sua domanda di aborto". "Spesso – dice Casini – le donne da noi sentite raccontano di un incontro con il personale sanitario o consultoriale che si è tradotto in una vera e propria sollecitazione all'aborto. Inoltre, capita a volte che medici poco scrupolosi consigliano l'aborto a donne timorose di mettere al mondo un figlio malformato, salvo poi verificare che il feto abortito non aveva alcuna malformazione".

Secondo Casini, occorre puntare sulla "prosecuzione della gravidanza per quanto difficile o non desiderata al fine di tutelare insieme il concepito e la madre". Il Mpv ha sottolineato che "nessuno può e deve pretendere che il personale pubblico dei consultori, professionalmente qualificato, sia sostituito da volontari".

Però gli stessi, "tramite opportuni accordi e convenzioni, potrebbero contribuire ad aiutare le madri a scegliere per il bene del nascituro, piuttosto che per la sua soppressione".

(13 gennaio 2006) - da agensir
(28 ago 2007) - da Aborto selettivo