Dott. Silvio Viale, coordinatore sperimentazione Ru486 (Pillola abortiva brevettata per sopprimere il concepito entro il secondo mese di vita) a Torino e ginecologo dell'ospedale Sant'Anna: Ex leader Lotta continua, sei mesi in galera, esce e scappa all'estero. Nell'83 unico latitante al processo per gli scontri culminati col rogo del bar Angelo azzurro, in cui morì arso vivo uno studente-lavoratore che si trovava lì per caso: lo assolvono per insufficienza di prove. Emigra nei Verdi. Fermato dalla polizia mentre fuma spinelli davanti alla prefettura. Eletto Consiglio comunale, nel '96 fa passare un ordine del giorno «per la sperimentazione di somministrazioni controllate di oppiacei» e l'anno dopo chiede lo stesso per l'eroina. Nel '99 organizza un «cannabis buffet» in sala consiliare e regala piantine di canapa indiana. Nella campagna elettorale per le regionali offre migliaia di bustine di cannabis, sostenendo che l'omaggio «è adatto per tisane, confezionare torte o insaporire arrosti». Candidato sindaco di Torino nel 2001, Viale inserisce nel suo programma «una politica innovativa sulle droghe...Pure le attività legate alla prostituzione, sia femminile sia maschile, devono essere affrontate con soluzioni di tolleranza per tutelare la parte più debole». Propone che a Torino si tengano i Giochi olimpici gay. Si batte per far rimuovere il crocifisso dall'aula civica. Reclama l'intitolazione di una strada a Che Guevara. Manifesta per invocare la legalizzazione della prostituzione. L'8 marzo 2004 firma 100 ricette che prescrivono la cosiddetta «pillola del giorno dopo» e si mette a distribuirle alle studentesse universitarie. L'ospedale Sant'Anna pare abbia stabilito un record nazionale: pratica ogni anno circa 4.000 interruzioni chirurgiche, che corrispondono al 37% di quelle eseguite in Piemonte e al 3% di quelle eseguite in Italia. Una catena di montaggio, o di smontaggio, fate voi. Nel giugno scorso i carabinieri dei Nas hanno avviato accertamenti dopo che un parroco, don Piero Gallo, ha denunciato che feti di 5-6 mesi, usciti vivi da aborti terapeutici avvenuti nella divisione di ostetricia e ginecologia, vengono lasciati morire dai medici. A riferirglielo sono stati alcuni dipendenti dello stesso ospedale. (da articolo di Stefano Lorenzetto - Il Giornale 24.9.2005)