DOTTORI E QUAQQUARAQUÀ

COME SI FA A SAPERE SE UN ESPERTO È AFFIDABILE O NO?

da “Tempi” – 27 settembre 2007
Piccola guida per riconoscere studiosi e fanfaroni

di Prof. Piero Morandini
Ricercatore di biotecnologie vegetali, Università di Milano


È fresca fresca la polemica tra i climatologi Vittorio e Franco Prodi, fratelli del premier Romano, e il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio sul riscaldamento globale. A chi credere quando ognuno cita dati e presunte evidenze a sostegno della sua tesi? E che dire dell'Appello al mondo della scienza sul sito "Liberi da Ogm" che si batte per un'italia libera dal transgenico? Che peso si può dare ai firmatari?

Come è normale, se il lavandino perde, si chiama l'idraulico, se il cane sta male si corre dal veterinario, ma se a star male sono i figli si va dal medico. A ciascuno il suo mestiere, perché la vita è complicata e richiede specializzazioni: non si può sapere o saper fare tutto.

È così anche per la scienza: un bravo entomologo che ha dedicato la vita alle farfalle del Sudamerica, difficilmente conosce la genetica degli equini. In quel settore è un incompetente. Come si fa però a sapere se uno è un ricercatore e se è competente in un certo settore o se è molto o poco autorevole?

Un ricercatore altri non è che uno studioso che pubblica articoli sulle riviste scientifiche. E una rivista è definibile come scientifica quando usa il cosiddetto sistema della "peer review" ("revisione dei pari"), vale a dire la verifica anonima da parte di altre persone del campo. In pratica quando un lavoro viene sottoposto ad una rivista per la pubblicazione, l'editor (colui che ha la responsabilità e decide ultimamente se accettare o meno l'articolo) manda il lavoro ad alcuni esperti del campo (i cosiddetti "referee", cioè gli arbitri), in genere due o tre, e si fa mandare i loro commenti in forma anonima.

Sulla base delle loro critiche, che spesso sono dettagliate in diverse pagine, decide se accettare il manoscritto come è (molto raramente), richiedere lievi aggiustamenti (raramente) o esperimenti aggiuntivi e di alterare parti rilevanti del testo (spesso) o rigettare completamente il lavoro. Nel terzo caso gli autori cercano di eseguire gli esperimenti indicati (cosa che può richiedere molti mesi), fanno le correzioni al testo e rispediscono il lavoro che viene di nuovo vagliato. Se va bene il manoscritto è accettato per la pubblicazione, ma la cosa non è automatica perché i referee possono fare altre obiezioni. Tra la prima sottomissione di un manoscritto e la sua effettiva pubblicazione, dunque, può passare tranquillamente un anno.

Pubblicare è un lavoraccio

Insomma, pubblicare un lavoro è un vero e proprio lavoraccio, specialmente su una rivista prestigiosa perché si richiedono esperimenti interessanti, dati e tecniche innovative (e spesso costose) con valenza generale e un alto grado di certezza sui risultati. Ecco perché pubblicare, ad esempio, un articolo su "Tuttoscienze" (inserto di divulgazione scientifica de La Stampa) può essere un fatto pregevole, ma non conta assolutamente come pubblicazione scientifica.

Come si può verificare, allora, se uno studioso pubblica su riviste scientifiche? Ogni settore (chimica, fisica, geologia.) ha la sua banca dati che in genere è liberamente consultabile su internet.

Nel caso delle scienze della vita (biologia, biochimica, biotecnologia e buona parte di medicina, veterinaria ed agraria) che sostanzialmente parlano oramai tutte lo stesso linguaggio, quello del Dna e delle proteine, la banca dati più importante è Public medline (Pubmed), con 17 milioni di lavori scientifici in questi settori. Si può interrogarla su internet inserendo direttamente il nome di un autore o una parola chiave.

Ad esempio, inserendo, "Veronesi U." compariranno ben 386 citazioni, a testimonianza che effettivamente un professor U. Veronesi pubblica e lo fa nel settore della cura del cancro. Questo significa che quando parla di cancro è molto, ma molto probabile che dica cose giuste.

Detto questo, come si può riconoscere l'autorevolezza? In genere, quanto più uno pubblica, tanto più dimostra di essere in grado di far progredire le conoscenze nel settore. Inoltre le varie riviste non sono tutte uguali. Nel settore della biologia/biotecnologia vegetale ve ne sono alcune prestigiosissime (come Cell e Nature), altre prestigiose (Plant Cell), molte medie, alcune specialistiche e poco significative, altre di infimo valore.

Un indice approssimativo del prestigio del giornale è dato dal cosiddetto Impact factor (If, Fattore di impatto) che misura il numero medio di citazioni che il giornale ottiene all'anno. Questo indice si basa sull'assunto (sostanzialmente corretto, anche se soggetto ad errori e distorsioni) che quanto più una rivista pubblica lavori di buon livello e all'avanguardia, tanto più sarà letta dagli altri scienziati e citata nei loro lavori, perché gli altri scienziati usano di quelle conoscenze per spingersi oltre nel terreno della ricerca. Se una rivista pubblica lavori che nessuno cita, allora vuole dire che quei lavori sono irrilevanti (non importa niente a nessuno) e la rivista avrà un basso If.

Tuttavia una rivista con alto If non è una garanzia che tutto quanto esca sulla rivista sia di buona qualità, perché l'If è un indice della bontà media della rivista, non del singolo articolo. Ci sono stati casi di riviste prestigiose che hanno pubblicato articoli di bassa qualità o falsi. La qualità del singolo articolo può essere stimata in modo spesso adeguato dal numero di citazioni che quel lavoro ottiene successivamente alla pubblicazione. Se riceve centinaia di citazioni (in positivo) questo significa che ha esercitato influenza su molti altri scienziati.

Il certificato di competenza

Se quindi uno scienziato pubblica molto, su riviste prestigiose, con una produzione costante e centrata su un particolare settore e i colleghi del settore citano spesso i suoi lavori, allora quel ricercatore sarà particolarmente affidabile (che ovviamente non vuol dire infallibile) in quel campo.

Analogamente se tutti gli scienziati che lavorano in un certo settore sono concordi nell'affermare qualche cosa, allora quella cosa è superaffidabile (non necessariamente corretta, ma, al meglio delle conoscenze del momento, gli esperti la credono tale). Se un ricercatore parla fuori del suo campo, in genere la sua affidabilità non è diversa da quella dell'uomo della strada.

Se ad esempio Veronesi (non me ne voglia se adesso lo cito in senso negativo) parla di biotecnologia vegetale, egli non può pretendere alcuna autorevolezza. Se però, quando ne parla, egli riporta quanto dice la maggioranza degli scienziati del settore (cioè questi non lo smentiscono o correggono), allora prende in qualche modo a prestito la loro autorevolezza e quanto dice è affidabile. Se invece sostiene cose diverse da quelle che la comunità scientifica nazionale/internazionale del settore sostiene, allora non è per nulla affidabile. Attenzione: non necessariamente le cose che dice sono sbagliate, ma è molto, molto più facile che sia lui a sbagliarsi piuttosto che si sbagli l'intera comunità scientifica competente.

Come conoscere la posizione prevalente degli scienziati competenti su un argomento? A tale scopo ci sono le società scientifiche, che raggruppano gli scienziati di un settore, e le Accademie delle scienze, che raggruppano tutti gli scienziati più prestigiosi (e per questo massimamente affidabili), entrambe a livello sia nazionale che internazionale. Per le società non basta fare domanda (e pagare la quota!) per essere accettati, ma occorre spesso essere presentati da altri soci e venire approvati dall'assemblea. Per le accademie addirittura non si fa domanda, ma si viene chiamati.

Insomma, fanno male o no?

Per tornare al problema di partenza, quello delle piante transgeniche (sul riscaldamento globale parlino altri), cosa dicono gli scienziati, in Italia e nel mondo? La stragrande maggioranza sostiene che gli Ogm in commercio sono sani quanto gli alimenti convenzionali e in alcuni casi sono meglio, per noi e per l'ambiente. Tutte le maggiori società scientifiche nei settori pertinenti si sono espresse chiaramente, mentre nessuna ha espresso pareri diversi.

Ben 9 accademie delle scienze sono dello stesso parere. In Italia in particolare le società scientifiche nazionali hanno sottoscritto due documenti sulla questione (14 uno, 19 l'altro). Quindi qualsiasi cosa altri sostengano in difformità a quanto in essi contenuto è sicuro (nei limiti imposti dalla scienza e dal suo metodo, ovviamente) che si tratti di cialtronerie.

Un esempio è appunto l'appello di "Liberi da Ogm" dove la grande maggioranza dei firmatari non ha alcuna pubblicazione nel campo (essendo filosofi, economisti, psicologi...), pochi qualche pubblicazione e pochissimi pubblicazioni pertinenti, mentre scienziati autorevoli favorevoli agli Ogm hanno centinaia di pubblicazioni pertinenti e citate.

La politica farebbe bene a tener conto di queste differenze quando fa leggi su tematiche come gli Ogm.