[da correggere!!]

SETTIMANA SANTA Pasqua 2003


È POSSIBILE VIVERE COME GESÙ


GIOVEDÌ SANTO

mattina

STABAT MATER
(G.B.Pergolesi)
Stabat mater dolorosa,
Juxta crucem lacrimosa
Dum pendebat fihius.

Cujus animam gementem
Contristatam et dolentem
Pertransivit gladius.

O quam tristis et afflicta
Fuit illa benedicta
Mater Unigeniti!

Quae moerbat et dolebat
Et tremebat, dum videbat
Nati poenas incliti.

Quis est homo, qui non fleret
Christi matrem si videret
In tanto supplicio?
Quis non posset contristari,
Piam matrem contemplari
Dolentem cum fihio?
Pro peccatis suae genti
Vidit Jesum in tormentis
Et flagellis subditum.

Vidit suum dulcem natum
Moriendo desolatum,
dum emisit spiritum.

Eja, mater fons amoris
Me sentire vim doloris
Fac ut tecum lugeam!

Fac ut ardeat cor meum
In amando Christum Deum
Ut sibi complaceam!

Sancta mater, istud agas,
Crucifixi fige plagas,
Cordi meo valide.
Tui nati vulnerati
Tam dignati pro me pati,
Poenas mecum divide.
Fac me vere tecum fiere,
Crucifixo condolerè,
Donec ego vixero.
Juxta crucem tecum stare
Te libenter sociare
in planctu desidero.
Virgo virginum praeclara,
Mihi jam non sis amara,
Fac me tecum plangere.

Fac ut portem Christi mortem,
Passionis fac consortem,
Et plagas recolere.
Fac me plagis vulnerari
Cruce hac inebriari
ob amorem fìlii.

Infiammatus et accensus,
Per te virgo sim defensus,
In die judicii.
Fac me cruce custodiri,
Morte Christi praemuniri,
Confoveri gratia!

Quando corpus morietur,
Fac ut animae donetur
Paradisi gloria!

Amen

TRADUZIONE:
Stava la madre addolorata
ai piedi della croce, in lacrime
mentre pendeva il figlio

La sua anima gemente
contristata e dolente
era trafitta da una spada

O, quanto triste ed afflitta
era quella benedetta
madre dell’Unigenito

Ella era afflitta e addolorata
e tremava, vedendo
le pene del figlio glorioso

Quale uomo non piangerebbe
vedendo la madre di Cristo
in tanta sofferenza?
Chi potrebbe non affliggersi
guardando la madre pietosa
addolorata e il figlio?
Per i peccati del suo popolo
ha visto Gesù ai tormenti
e alle pene sottoposto

Ha visto il suo dolce figlio
che moriva abbandonato
fino a quando è spirato

Orsù, madre fonte di amore,
fa’ che io senta la violenza del dolore
che pianga insieme a te

Permetti che il mio cuore si infiammi
nell’amore per Cristo Dio,
per piacere a lui!

Santa Madre, fa’in modo che
le piaghe del crocefisso siano impresse
profondamente nel mio cuore.
Di tuo figlio ferito,
che si è degnato di patire per me
le pene con me condividi
Permetti che io possa piangere con te
che condivida il dolore per il crocifisso
finché sarò in vita.
Stare con te ai piedi della croce
con te volentieri associarmi
nel pianto desidero.
O vergine nobile fra le vergini,
nei miei riguardi non essere più dura,
permettimi di piangere con te.

Fa’ che io porti la morte di Cristo
fammi partecipe della sua passione
fa’ che ricordi sempre le sue piaghe
che io sia trafitto dalle sue ferite,
che mi inebri di questa croce
per amore di tuo figlio.

Così ardente e appassionato
attraverso di te, vergine, io sia difeso
nel giorno del giudizio.
Fa’ che io sia custodito dalla croce,
difeso dalla morte di Cristo;
confortato dalla grazia!

Quando il corpo morirà
fa’ in modo che all’anima sia donata
la gloria del paradiso!

Amen



ANGELUS

Partecipiamo in silenzio al canto di lode che i secoli passati
hanno tributato a questa ragazza. È un’Ave Maria più
lunga, composta da una delle più grandi donne della storia.


INNO DI SANTA MARIA
(Hildegard von Bingen)

Ave generosa,
gloriosa
et intacta puella,
tu pupilla castitatis,
tu materia sanctitatis,
quae Deo placuit.
Nam haec superna infusio
in te fuit,
quod supernum verbum
in te carnem induit.
Tu candidum lilium,
quod Deus ante omnem
creaturam inspexit.
O pulcherrima
et dulcissima,
quam valde Deus in te
delectabatur!
Cum amplexione caloris sui
in te posuit ita quod fìlius eius
de te lactatus est.
Venter enim tuus
gaudium habuit,
cum omnis coelestis symphonia
de te sonuit,
quia, virgo, fìlium Dei portasti
ubi castitas tua in Deo claruit.
Viscera tua gaudium
habuerunt,
sicut gra.men super quod ros
cadit
cum ei viriditatem infudit;
ut et in te factum est,
o mater omnis gaudii.
Nunc omnis Ecclesia
in gaudio rutilet
ac in symphonia sonet
propter dulcissimam virginem
et laudabilem Mariam
Dei genitricem. Amen.

TRADUZIONE
Ave, nobile,
gloriosa
e intatta fanciulla,
tu pupilla della castità,
tu materia della santità
che piacque a Dio.
In te infatti avvenne
quella celeste infusione,
per cui il Verbo eterno
si rivestì di carne in te.
Tu candido giglio,
cui Dio rivolse lo sguardo
prima di ogni creatura.
O bellissima
e dolcissima;
quanto grandemente Dio si è
compiaciuto in te!
Nell’abbraccio del Suo fuoco
ha fatto germogliare in te suo Figlio
così che da te potesse essere allattato.
Così il tuo grembo
esultò di gioia, quando tutta
la sinfonia celeste sgorgò
da te, perché tu, o vergine,
portasti il Figlio di Dio,
dove rifulse in Dio la tua castità.
La tua carne provò gioia,
come l’erba su cui cade la
rugiada infondendovi
freschezza;
così è accaduto anche in te,
o madre di tutte le gioie.
Ora tutta la Chiesa
risplenda di gioia
e risuoni nell’armonia
per la dolcissima
Vergine Maria, degna di lode
madre di Dio.
Amen.



Noi vogliamo restare nello spazio di luce che Cristo genera
stabilmente nel mondo da duemila anni.


QUI PRESSO A TE
(Anonimo)

Qui presso a te, Signor, restar voglio!
È il grido del mio cuor, l’ascolta, o Dio!
La sera scende oscura sui cuor che s’impaura;
mi tenga ognor la fe’, qui presso a te.

Qui presso a te, Signor, restar vogl’io!
Niun vede il mio dolor; tu ‘1 vedi, o Dio!
O vivo Pan verace, sol tu puoi darmi pace;
e pace v’ha per me, qui presso a te.

"O voi tutti assetati venite all’acqua".

ISAIA 55

O voi tutti assetati venite all’acqua,
chi non ha denaro venga ugualmente;
comprate e mangiate senza denaro
e, senza spesa, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro patrimonio per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e voi vivrete.
Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide.
Ecco l’ho costituito testimonio fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco tu chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te popoli che non ti conoscevano
a causa del Signore, tuo Dio,
del Santo d’Israele, perché egli ti ha onorato.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie - oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Come infatti la pioggia e la neve
scendono dal cielo e non vi ritornano
senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme al seminatore
e pane da mangiare,
così sarà della parola
uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata.
Voi dunque partirete con gioia,
sarete condotti in pace.
I monti e i colli davanti a voi
eromperanno in grida di gioia
e tutti gli alberi dei campi batteranno le mani.
Invece di spine cresceranno cipressi,
invece di ortiche cresceranno mirti;
ciò sarà a gloria del Signore,
un segno eterno che non scomparirà.

"Liberati dal giogo del male", la vita non è più deserto.

LIBERATI DAL GIOGO DEL MALE
(Trappiste di Vitorchiano)

Liberati dal giogo del male,
battezzati nell’acqua profonda,
noi giungiamo alla terra di prova
dove i cuori saran resi puri.

Dal paese d’Egitto ci hai tratti
e cammini con noi nel deserto
per condurci alla santa montagna
sulla quale s’innalza la Croce.

Tu sei l’acqua che sgorga dal sasso,
sei la manna che sazia la fame,
sei la nube che guida il cammino
e sei legge che illumina i cuori.

Su te, roccia che t’alzi fra noi,
troveremo difesa ed appoggio
e berremo alla fonte di vita
che ci lava dai nostri peccati.

Tu ci guidi nell’Esodo nuovo
alla gioia profonda di Pasqua:
dalla morte passando alla vita
giungeremo alla terra promessa. Amen.

Cristo luce della vita aiuta il cammino. Noi siamo riottosi
ma non possiamo annullare la forza con cui ci ama, con cui
ci persegue. Imploriamo aiuto, Egli dice: "Eccomi!".


ISAIA 57,18 - 58,12

Ho visto le sue vie,
ma voglio sanarlo, guidarlo
e offrirgli consolazioni.
E ai suoi afflitti
io pongo sulle labbra: "Pace,
pace ai lontani e ai vicini",
dice il Signore, "10 li guarirò".
Gli empi sono come un mare agitato
che non può calmarsi
e le cui acque portan su melma e fango.
Non v’è pace per gli empi, dice il mio Dio.
Grida a squarciagola, non aver riguardo;
come una tromba alza la voce;
dichiara al mio popolo i suoi delitti,
alla casa di Giacobbe i suoi peccati.
Mi ricercano ogni giorno,
bramano di conoscere le mie vie,
come un popolo che pratichi la giustizia
e non abbia abbandonato il diritto del suo Dio;
mi chiedono giudizi giusti,
bramano la vicinanza di Dio:
"Perché digiunare se tu non lo vedi,
mortifìcarci se tu non lo sai?".
Ecco, nel giorno del vostro digiuno curate i vostri affari,
angariate tutti i vostri operai.
Ecco, voi digiunate fra litigi e alterchi
e colpendo con pugni iniqui.
Non digiunate più come fate oggi,
così da far udire in alto il vostro chiasso.
È forse come questo il digiuno che bramo,
il giorno in cui l’uomo si mortifica?
Piegare come un giunco il proprio capo,
usare sacco e cenere per letto,
forse questo vorresti chiamare digiuno
e giorno gradito al Signore?
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio:
sciogliere le catene inique,
togliere i legami del giogo,
rimandare liberi gli oppressi
e spezzare ogni giogo?
Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato,
nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza distogliere gli occhi da quelli della tua carne?
Allora la tua luce sorgerà come l’aurora,
la tua ferita si rimarginerà presto.
Davanti a te camminerà la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirà.
Allora lo invocherai e il Signore ti risponderà;
implorerai aiuto ed Egli dirà: "Eccomi!".
Se toglierai di mezzo a te l’oppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se offrirai il pane all’affamato,
se sazierai chi è digiuno,
allora brillerà fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarà come il meriggio.
Ti guiderà sempre il Signore,
ti sazierà in terreni aridi,
rinvigorirà le tue ossa;
sarai come un giardino irrigato
e come una sorgente
le cui acque non inaridiscono.
La tua gente riedificherà le antiche rovine,
ricostruirai le fondamenta di epoche lontane.
Ti chiameranno riparatore di brecce,
restauratore di case in rovina per abitarvi.

La sua presenza è la nostra gioia, la sua gioia è la nostra
forza. Ascoltiamo ora dal libro di Neemta.


NEEMIA 8,1-11

Allora tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla
piazza davanti alla porta delle Acque e disse ad Esdra lo scriba
di portare il libro della legge di Mosè che il Signore aveva dato
a Israele. Il primo giorno del settimo mese, il sacerdote Esdra
portò la legge davanti all’assemblea degli uomini, delle donne
e di quanti erano capaci di intendere.
Lesse il libro sulla piazza davanti alla porta delle Acque, dallo
spuntar della luce fino a mezzogiorno, in presenza degli uomini,
delle donne e di quelli che erano capaci di intendere; tutto
il popolo porgeva l’orecchio a sentire il libro della legge. Esdra
io scriba stava sopra una tribuna di legno, che avevano
costruito per l’occorrenza e accanto a lui stavano, a destra
Mattitia, Sema, Anaia, Una, Cheikia e Maaseia; a sinistra
Pedaia, Misael, Malchia, Casum, Casbaddàna, Zaccaria e
Mesullàm.
Esdra aprì il libro in presenza di tutto il popolo, poiché stava
più in alto di tutto il popolo; come ebbe aperto il libro, tutto
il popolo si alzò in piedi. Esdra benedisse il Signore Dio gran-
de e tutto il popolo rispose: <(Amen, amen", alzando le mani;
si inginocchiarono e si prostrarono con la faccia a terra dinanzi
al Signore. Giosuè, Bani, Serebia, Iamin, Akkub, Sabbetài,
Odia, Maaseia, Kelita, Azaria, Iozabàd, Can n, Pelaia, leviti
spiegavano la legge al popoio e il popolo stava in piedi al suo
posto.
Essi leggevano nel libro della legge di Dio a brani distinti e
con spiegazioni del senso e così facevano comprendere la let-
tura. Neemia, che era il governatore, Esdra sacerdote e scriba e
i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo:
"Questo giorno è consacrato al Signore vostro Dio; non fate
lutto e non piangete!". Perché tutto il popolo piangeva, mentre
ascoltava le parole della legge. Poi Neemia disse loro:
"Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate
porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo
giorno è consacrato al Signore nostro; non vi rattristate, perché
la gioia del Signore è la vostra forza". I leviti calmavano
tutto il popolo dicendo: "Tacete, perché questo giorno è
santo; non vi rattristate!".

È la gioia di un amore che alla fine vincerà.

GEREMIA 31,2,3b,4a

Così dice il Signore:
"Ha trovato grazia nel deserto
un popolo di scampati alla spada;
Israele si avvia a una quieta dimora".
"Ti ho amato di un amore eterno,
per questo ti conservo ancora pietà.
Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata,
vergine di Israele".

Ti ho amato di un amore eterno. Così: "Cristo è... tutto in
tutti, Egli che tutto racchiude in sé secondo la potenza unica,
infinita e sapientissima della sua bontà - come un centro in
cui convergono le linee - affinché le creature del Dio unico
non restino estranee e nemiche le une con le altre, ma abbia-
no un luogo comune dove manifestare la loro amicizia e la
loro pace"
(S. Massimo il Confessore, Mistagogia, I).


UBI CARITAS ET AMOR
(Gregoriano)

Ubi caritas et amor, Deus ibi est.

Congregavit nos in unum Christi
amor:
exultemus et in ipso jucundemur.
Timeamus et amemus Deum vivum
et ex corde diligamus nos sincero.


Simul ergo cum in unum congrega-
mur,
ne nos mente dividamur caveamus.
Cessent jurgia maligna, cessent
lites
et in medio nostri sit Christus
Deus.

Simul quoque cum beatis videamus
glorianter vultum tuum, Christe
Deus:
gaudium, quod est immensum, atque
probum,
saecula per infinita saeculorum.
Amen.
TRADUZIONE
Dove regna carità e amore, qui è Dio.

Ci ha raccolti in una cosa sola l’amore
di Cristo:
esultiamone e nel suo amore rallegriamoci!
Nel timore di lui, amiamo il Dio vivente,
ed amiamoci di cuore, sinceramente!

Quando tutti insieme ci raduniamo,
che la dubbiezza non ci divida, questo
temiamo;
smetta la malvagità del cuore, sia fine
all’odio,
ed in mezzo a noi solo rimanga il
Cristo, Dio.

Che tutti insieme, fra i beati, possiamo
contemplare nella gloria il tuo volto, o
Cristo Dio!
Ciò significa la gioia smisurata e la
dolcezza,
per i secoli dei secoli, senza fine!
Amen.


"Gesù Cristo", dunque, "non è venuto per dirci frivolezze".

IL PORTICO DEL MISTERO DELLA SECONDA VIRTÙ
(Questo e i seguenti brani di Ch. Péguy sono tratti da: Ch. Péguy, IMisteri, Milano, Jaca Book 1991.)
(Ch. Péguy)


Gesù Cristo, bambina, non è venuto per dirci frivolezze,
Capisci, non ha fatto il viaggio di venire sulla terra,
Un grande viaggio, detto tra di noi,
(E stava così bene là dove era).
(Prima di venire

Non aveva tutte le nostre preoccupazioni),
Non ha fatto il viaggio di scendere sulla terra
Per venire a contarci indovinelli
E barzellette.
Non c’è il tempo di divertirsi.
Lui non ha messo, non ha impiegato, non ha speso
I trentatré anni della sua vita terrestre,
Della sua vita carnale,
I trent’anni della sua vita privata,
I tre anni della sua vita pubblica,
I tre giorni della sua passione e della sua morte,
(E nel limbo i tre giorni del suo sepolcro).
Non ha messo, non ha impiegato, non ha speso tutto questo,
I suoi trent’anni di lavoro e i suoi tre anni di predicazione e i
suoi tre giorni di passione e di morte,
I suoi trentatré anni di preghiera,
La sua incarnazione, che è propriamente il suo incarnamento,
La sua messa in carne e in carnale, la sua messa in uomo e
La sua messa in croce e la sua messa nella tomba,
La sua messa nel carnale e il suo supplizio,
La sua vita d’uomo e la sua vita d’operaio e la sua vita di prete
e la sua vita di santo e la sua vita di martire,
La sua vita di fedele,
La sua vita di Gesù,
Per venire in seguito (nello stesso tempo) a contarci frottole.
Non ha messo, non ha impiegato, non ha speso tutto questo.
Non ha fatto tutta questa spesa
Considerevole
Per venire a darci, per darci in seguito
Degli indovinelli
Da indovinare
Come uno stregone.
Facendo il furbo.
No, no, bambina e Gesù non ci ha neanche dato delle parole
morte
Che noi dobbiamo chiudere in piccole scatole
(O in grandi).
E che dobbiamo conservare in olio rancido
Come le mummie d’Egitto.
Gesù Cristo, bambina, non ci dà delle conserve di parole
Da conservare,
Ma ci ha dato delle parole vive
Da nutrire.
Ego sum via, veritas et vita,
Io sono la via, la verità e la vita.
Le parole di (della) vita, le parole vive non si possono conser-
vare che vive,
Nutrire vive,
Nutrite, portate, scaldate, calde in un cuore vivo.
Per nulla conservate ammuffite in piccole scatole di legno o di
cartone.
Come Gesù ha preso, è stato costretto a prendere corpo, a
rivestire la carne
Per pronunciare queste parole (carnali) e per farle intendere,
Per poterle comunicare,
Così noi, ugualmente noi, a imitazione di Gesù,
Così noi, che siamo carne, dobbiamo approfittarne,
Approfittare del fatto che siamo carnali per conservarle, per
scaldarle, per nutrirle in noi vive e carnali,
(Ecco ciò che gli angeli stessi non conoscono, bambina, ecco
cosa non hanno provato)
Come una madre carnale nutre, e fomenta su1 suo cuore il suo
ultimo nato,
Il suo lattante carnale, sui suo seno,
Ben posato nella piega del suo braccio,
Così, approfittando del fatto che siamo carnali,
Dobbiamo nutrire, abbiamo da nutrire nel nostro cuore,
Con la nostra carne e col nostro sangue,
Col nostro cuore,
Le Parole carnali,
Le Parole eterne, temporalmente, carnalmente pronunciate.
Miracolo dei miracoli, bambina, mistero dei misteri.
Perché Gesù Cristo è divenuto nostro fratello carnale
Perché ha pronunciato temporalmente e carnalmente le parole
eterne,
In monte, sulla montagna,
È a noi, infermi, che è stato dato,
È da noi che dipende, infermi e carnali,
Di far vivere e di nutrire e di mantenere vive nel tempo
Quelle parole pronunciate vive nel tempo.


Nella tua nobiltà, o Cristo, stendi la tua mano per risollevarci.
" O Frondens Virga".


O FRONDENS VIRGA
(Hildegard von Bingen)

O frondens virga,
in tua nobilitate stans,
sicut aurora procedit.
Nunc gaude et laetare
et nos debiles dignare
a mala consuetudine liberare
atque manum tuam porrige
ad erigendum nos.

O frondeggiante virgulto,
che nella tua nobiltà ti elevi
come aurora che sorge.
Godi ora e gioisci
e degnati di liberare noi deboli
dal male di ogni giorno,
e stendi la tua mano
per risollevarci.


Il mondo in cui viviamo è l’opposto: "E ciò che vi pone in
una situazione tragica, unica. Voi siete i primi. Voi siete i
primi dei moderni".


VERONIQUE
(Ch. Péguy)
Per la prima volta, per la prima volta dopo Gesù,
noi abbiamo visto, sotto i nostri occhi, noi stiamo per
vedere un nuovo mondo sorgere, se non una città; una
società nuova formarsi, se non una città; la società
moderna, il mondo moderno; un mondo, una società
costituirsi, o almeno assemblarsi, (nascere e)
ingrandirsi, dopo Gesù, senza Gesù. E ciò che è più
tremendo, amico mio, non bisogna negano, è che ci
sono riusciti.
Quello che dà alla nostra generazione, amico mio, allà
vostra generazione, e al tempo in cui noi viviamo una
importanza capitale; è ciò che pone voi ad una svolta
unica nella storia del mondo, nel trascorrere della
storia del mondo. È ciò che vi pone in una situazione
tragica, unica. Voi siete i primi.
Voi siete i primi dei moderni. Voi siete i primi di
fronte ai quali, davanti a cui, sotto i cui occhi si sia
fatto e che voi stessi avete fatto, questa singolare
opera, questa instaurazione del mondo moderno e
questo stabilirsi del governo del partito intellettuale
nel mondo moderno.

In tutto è da amare il Mistero. Qui incomincia la sfida al
mondo. Nell’obbedienza del Padre. "O aeterne Deus".


O AETERNE DEUS
(Hildegard von Bingen)
O aeterne Deus, nunc tibi placeat,
ut in amore illo ardeas
ut membra illa simus,
quae fecisti in eodem amore,
cum Filium tuum genuisti
in prima aurora,
ante omnem creaturam,
et inspice necessitatem hanc,
quae super nos cadit,
et abstrahe eam a nobis propter
Filium tuum,
et perduc nos in laetitiam salutis.

TRADUZIONE
O eterno Dio, ti piaccia ora
di ardere di quell’amore,
che cifa essere le membra
che, nello stesso amore, hai fatto
quando, nella prima aurora,
hai generato tuo Figlio
prima di ogni creatura;
e guarda questa prova
che ci è capitata,
e allontanala da noi per il tuo
Figlio,
e guidaci alla gioia della salvezza.


Adesso ascoltiamo il testamento di Cristo prima di morire.
Anche se costa un po’ di fatica, ascoltiamo parola per parola.


"Io sono la Via, la Verità e la Vita".

Gv14

<Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. Se no, ve l’avrei detto. Io vado a
prepararvi un posto; quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, nitornerò
e vi prenderò con me, perché siate anche voi dove sono io. E del luogo dove io
vado, voi conoscete la via".
Gli disse Tommaso: "Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?".
Gli disse Gesù: Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin
da ora lo conoscete e lo avete veduto". Gli disse Filippo: "Signore, mostraci il
Padre e ci basta". Gli rispose Gesù: "Da tanto tempo sono con voi e tu non mi
hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire:
Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole
che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che è con me compie le sue opere.
Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le
opere stesse.
In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio
e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete
nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete
qualche cosa nel mio nome, io la farò.
Se mi amate, osserverete i miei comandamenti. Io pregherò il Padre ed egli vi
darà un altro Consolatore perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito di veri-
tà che il mondo non può ricevere, perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo
conoscete, perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. Non vi lascerò orfani,
nitornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi
vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel
Padre e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, que-
sti mi ama. Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amero e mi mani-
festerò a lui".
Gli disse Giuda, non l’Iscaniota: "Signore, come è accaduto che devi manifestan-
ti a noi e non al mondo?". Gli rispose Gesù: "Se uno mi ama, osserverà la mia
parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso
di lui. Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non
mia, ma del Padre che mi ha mandato.
Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito
Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricor-
derà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come
la dà il mondo, ‘io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timo-
re. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrere-
ste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ades-
so, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a
lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su
di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che
il Padre mi ha comandato. Alzatevi, andiamo via di qui".

O CÒR SOAVE
(Anonimo, sec XVI)

O còr soave, còr del mio Signore,
ferito gravemente, non da coltel pungente,
ma da lo stral che fabbnicò l’amore,
che fabbnicò l’amore.

O còr soave, quand’io ti nimiro
post’in tant’agonia, manca l’anima mia,
ne voce s ode più, né mai sospiro,
né più né mai sospiro.

"Rimanete in me ed io in voi". Per 11 volte nel 150 Capitolo
di S. Giovanni il verbo “rimanere e ripetuto.


Gv 15

"Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non
porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più
frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me
e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella
vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rima-
ne in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi
non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono
e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimango-
no in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre
mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha
amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i
miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comanda-
menti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia
gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho
amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici.
Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi,
perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, per-
ché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete
scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto
e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio
nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo,
il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi
ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi
ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me,
perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche
la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non cono-
scono colui che mi ha mandato. Se non fossi venuto e non avessi parlato loro,
non avrebbero alcun peccato; ma ora non hanno scusa per il loro peccato. Chi
odia me, odia anche il Padre mio. Se non avessi fatto in mezzo a loro opere che
nessun altro mai ha fatto, non avrebbero alcun peccato; ora invece hanno visto
e hanno odiato me e il Padre mio. Questo perché si adempisse la parola scritta
nella loro Legge: Mi hanno odiato senza ragione.
Quando verrà il Consolatore che io vi manderò dal Padre, lo Spirito di verità che
procede dal Padre, egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testi-
monianza, perché siete stati con me fin dal principio).


GIESÙ SOMMO CONFORTO
(Anonimo)

Giesù, sommo conforto,
Tu se’ tutto ‘1 mio amore,
E ‘1 mio beato porto,
E santo Redentore.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

Deh, quante volte offeso
T’ha l’alma e ‘I cor meschino.
E Tu se’ in croce steso
Per salvar me tapino.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

Giesù, qual forza ha spinto
L’immensa tua bontà
Deh, qual amor t’ha vinto
Patir tal crudeltà?
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

A Te fui sempre ingrato
E mai non fui fervente,
E Tu per me piagato
Sei stato, crudelmente.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.
Giesù, Tu hai il mondo
Soavemente pieno
D’amor santo e giocondo
Che fa ogni cor sereno.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

Giesù, fammi morire
Del tuo amor verace;
Giesù, fammi languire
Di Te, Signor verace.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

Giesù, foss’io confitto
Sopra quell’alto legno
Dove ti veggio afflitto,
Giesù, Signor benigno.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

O croce, fammi loco
E le mie membra prendi,
Che del tuo dolce foco
Il cor e l’alma accendi.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

Infiamma il mio cor tanto
Del tuo amor divino,
Ch’io arda tutto quanto,
Ch’io paia un Serafino.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

La croce e il Crocifisso
Sia nel mio cor scolpito
Et io sia sempre assiso
In gloria 0v’ Egli è ito.
O gran bontà, dolce pietà,
Felice quel che teco unito sta.

"Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia".

Gv 16

"Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno
dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere
culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma
io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve
ne ho parlato.
Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi. Ora però vado da colui che
mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto
queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene
per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il
Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà
venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio.
Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado
dal Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo
mondo è stato giudicato.
Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne
il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta
intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzie-
rà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzie-
rà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà
del mio e ve l’annunzierà.
Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete". Dissero allora
alcuni dei suoi discepoli tra loro: "Che cos’è questo che ci dice: Ancora un poco
e non mi vedrete, e un po’ ancora e mi vedrete, e questo: Perché vado al Padre?".
Dicevano perciò: "Che cos’è mai questo “un poco” di cui parla? Non compren-
diamo quello che vuoi dire". Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro:
"Andate indagando tra voi perché ho detto: Ancora un poco e non mi vedrete e
un po’ ancora e mi vedrete? In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattri-
sterete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cam-
bierà in gioia.
La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando
ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è
venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò
di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia.
In quel giorno non mi domanderete più nulla.
In verità, in verità vi dico: Se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli
ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete,
perché la vostra gioia sia piena.
Queste cose vi ho dette in similitudini; ma verrà l’ora in cui non vi parlerò più
in similitudini, ma apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete
nel mio nome e io non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso vi
ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Lui. Sono
uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado
al Padre". Gli dicono i suoi discepoli: "Ecco, adesso parli chiaramente e non fai
più uso di similitudini. Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcu-
no ti interroghi. Per questo crediamoche sei uscito da Dio". Rispose loro Gesù:
"Adesso credete? Ecco, verrà l’ora, anzi è già venuta, in cui vi disperdete ciascu-
no per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è
con me.
Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel
mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!".

VERO AMOR È GESÙ
(Anonimo, sec. XVII)

Vero amor è Gesù,
Che salute ne dà
A chi segue virtù.
Egli moriva in croce per me.
Mio buon Gesù, mio buon Gesù,
non ti partir da me.

L’estrema preghiera di Cristo: "Che siano una cosa sola come
Tu Padre in Me e Io in Te, così anche loro siano una cosa sola
perchè il mondo conosca che Tu mi hai mandato".
Il Papa nel suo discorso ai giovani del 24 Marzo 1994 ha
detto: "Penso a tanti vostri amici. Ma se una volta potessero
toccare Gesù da vicino, vedere il volto, toccare il volto di
Cristo. Se una volta potranno toccare Gesù, se lo vedranno in
voi diranno: mio Signore e mio Dio".


Gv17

(ascoltiamo in piedi)


Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: "Padre, è giunta l’ora,
glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te. Poiché tu gli hai dato potere
sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai
dato. Questa è la vita eterna: che conoscano te, l’unico vero Dio, e colui che hai
mandato, Gesù Cristo. Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l’opera che
mi hai dato da fare. E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che
avevo presso di te prima che il mondo fosse.
Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano
tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola. Ora essi sanno che
tutte le cose che mi hai dato vengono da te, perché le parole che hai dato a me
io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito
da te e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro; non prego per
il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi. Tutte le cose mie
sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro. Io non sono
più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo,
custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola,
come noi.
Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho
custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, per-
ché si adempisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono
ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho
dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo,
come io non sono del mondo.
Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non
sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua
parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch’io li ho mandati nel
mondo; per loro io consacro me stesso, perché siano anch’essi consacrati nella
verità.
Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederan-
no in me; perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te,
siano anch’essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai man-
dato.
E la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano come noi una
cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità e il mondo sap-
pia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.
Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, per-
ché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato
prima della creazione del mondo.
Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi
sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò
conoscere, perché l’amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".

DULCIS CHRISTE
(Michelangelo Grancini, sec. XVII)
Dulcis Christe, o bone Deus
o amor meus, o vita mea,
o salus mea, o gloiia mea.
Tu es Creator, Tu es Salvator mundi.
Te volo, te quaero,
te adoro, o dulcis amor,
te adoro, o care Jesu.

Dolce Cristo, o Dio buono,
mio amore, mia vita,
mia salvezza, mia gloria.
Tu sei il Creatore, Tu sei il Salvatore
Te io desidero, te cerco,
del mondo.
te adoro,
o dolce amore,
te io adoro, o caro Gesù.



ANGELUS

NITIDA STELLA
(Anonimo, sec. XVI)
Nitida stella,
alma puella,
tu es florum flos:
o Mater pia,
virgo Maria,
ora pro nobis!

Jesu Salvator,
mundi amator,
tu es florum flos:
o Jesu pie,
fili Mariae,
eia, audi nos!

Mater benigna,
honore digna,
tu es florum flos:
o Mater pia,
virgo Maria,
ora pro nobis!

Alme Rex regum,
conditor Legum,
tu es florum flos:
o Jesu pie,
fili Mariae,
eia, audi nos!

O gratiosa,
o coeli rosa,
tu es florum flos:
o Mater pia,
virgo Maria,
ora pro nobis!

Sit tibi, Christe,
modulus iste,
tu es florum flos:
o Jesu pie,
fili Mariae,
eia, audi nos!

Coeli Regina,
virgo divina,
tu es florum flos:
o Mater pia,
virgo Maria,
ora pro nobis!

TRADUZIONE

Nitida stella,
benefica fanciulla,
tu sei il fiore dei fiori;
o Madre pia,
vergine Maria,
prega per noi.

Gesù Salvatore,
che hai amato il mondo,
tu sei il fiore dei fiori;
o Gesù pio,
figlio di Maria,
ti preghiamo, ascoltaci!

Madre benz na,
degna di ogni onore,
tu sei il fiore dei fiori:
o Madre pia,
vergine Maria,
prega per noi.

Benefico Re dei re,
autore della Legge,
tu sei il fiore dei fiori:
o Gesù pio,
figlio di Maria,
ti preghiamo, ascoltaci!

O rosa del cielo,
a noi gradita,
tu sei il fiore dei fiori:
o Madre pia,
vergine Maria,
prega per noi.

Sia per te, o Cristo,
questo canto,
tu sei il fiore dei fiori:
o Gesù pio,
figlio di Maria,
ti preghiamo, ascoltaci!

Del cielo Regina,
Vergine divina,
tu sei il fiore dei fiori:
o Madre pia,
vergine Maria,
prega per noi.


Pomeriggio

MISERERE
(Allegri)
Miserere mei, Deus,
secundum magnam misericordiam
tuam.
Et secundum multitudinem
miserationum tuarum:
dele iniquitatem meam.
Amplius lava me ab iniquitate mea,
et a peccato meo munda me:

Quoniam iniquitatem meam ego
cognosco:
et peccatum meum contra me est
semper.

Tibi soli peccavi, et malum coram
te feci: et justifìceris in
sermonibus tuis, et vincas
cum judicaris.


Ecce enim in iniquitatibus conceptus
sum:
et in peccatis concepit me mater mea.

Ecce enim veritatem dilexisti:
Incerta et occulta sapientae
tuae manifestati mihi.

Asperges me hyssopo et mundabor:
lavabis me et super nivem dealbabor.

Auditui meo dabis gaudium et
laetitiam:

et exultabunt ossa humiliata.
Averte faciem tuam a peccatis meis:
et omnes iniquitates meas dele.

Cor mundum crea in me, Deus:
et spiritum rectum innova in
visceribus meis.

Ne projiacias me a facie tua:
et spititum sanctum tuum ne auferas
a me.

Redde mihi laetititiam salutaris tui:
et spiritu principali confirma me.
Docebo iniquas vias tuas:
et in pii ad te convertentur.

Libera me de sanguinibus, Deus,
Deus salutis meae:
et exultabit lingua mea justitiam tuam.

Domine labia mea aperies:
et 05 meum annuntiabit laudem tuam.

Quoniam si voluisses sacrificium
dedissem utique: holocaustis
non delectaberis.

Sacrificium Deo spiritus contribulatus,
cor contritum et humiliatum Deus
non despicies


Benigne fac Domine in bona
voluntate tua
Sion, ut aedificentur muri Jerusalem.

Tunc acceptabis sacrificium justitiae,
oblationes et holocausta.

Tunc imponent super altare tuum
vitulos.

TRADUZIONE

Abbi pietà di me, o Dio,
secondo la tua misericordia,

nella tua grande bontà

cancella il mio peccato;
lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.

La mia colpa io conosco,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.


Contro te, contro te solo ho peccato,
quello che ai tuoi occhi è male, io l’ho
fatto;
affinché tu appaia giusto nella tua
tenza,
retto nel tuo giudizio.

Ecco: nella colpa sono stato generato,

nel peccato mi ha concepito mia madre.

Ecco: sincerità tu hai nell’intimo
E sapienza tu mi insegni nel segreto


Purzficami con l7ssopo e sarò mondo,
lavami e sarò più bianco della neve.

Fammi risentire gioia e letizia,

fa’ che esultino le ossa che hai fiaccato.
Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.

Un cuore puro crea in me, o Dio,
in me rinnova uno spirito saldo.


Non respingermi dalla tua presenza,
non privarmi del tuo santo spirito.


Rendimi la gioia della tua salvezza,
mi sostenga un animo generoso.
Jnsegnerò agli erranti le tue vie
E a te ritornerannio i peccatori.

Liberami dal sangue, o Dio,
Dio della mia salvezza:
la mia lingua esalti la tua giustizia.

Apri le mie labbra, o Si gnore,
e la mia bocca annunzi la tua lode.

Poiché il sacrificio tu non gradisci
E se offro l’olocausto, tu non lo accetti.


Il mio sacrificio, o Dio,
uno spirito contrito,
un cvuore contrito ed umiliato
tu non disprezzi, o Dio.

Nella tua benevolenza sii propizio a
Sion,
riedifica le mura di Gerusalemme.

Allora gradirai di nuovo i sacrifici
legittimi,
l’olocausto e l’intera oblazione;
allora s’immoleranno le vittime sul tuo
altare.



TI ADORO REDENTORE
(Antonio Martorell)
Ti adoro, Redentore,
di spine incoronato,
per ogni peccatore
a morte condannato.

Ti adoro, Gesù buono,
schernito, schiaffeggiato,
tu doni il tuo perdono
a chi ti ha flagellato.

Ti adoro, Gesù pio,
in croce immolato;
ripenso nel cuor mio
che tu mi hai tanto amato.
Amen.

La grande vocazione del figlio di Maria si attua come la
sconfitta di un povero uomo. Ogni giorno della storia sem-
brerebbe confermarlo, ma la sua stessa permanenza, ogni
giorno della vita dell’uomo, grida una vittoria ancora nasco-
sta. Eppure non e totalmente nascosta, è un segno che rivela
il suo contenuto. Lo svelarsi di questo segno è l’avverarsi, il
crescere di una compagnia umana generata esclusivamente
dalla fede in Lui, realmente partorito dalle viscere di Maria.
Il modo comincia a diventare esperienza.
È possibile vivere la vita con Cristo.



ISAIA 53, 1-12
Chi avrebbe creduto alla nostra rivelazione?
A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore?
È cresciuto come un virgulto davanti a lui
e come una radice in terra arida.
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per provare in lui diletto.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia,
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità.

Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti. [ripreso in THE PASSION]
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge,
ognuno di noi seguiva la sua strada;
il Signore fece ricadere su di lui
l’iniquità di noi tutti.
Maltrattato, si lasciò umiliare
e non aprì la sua bocca;
era come agnello condotto al macello,
come pecora muta di fronte ai suoi tosatori,
e non aprì la sua bocca.
Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo;
chi si affligge per la sua sorte?
Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi,
per l’iniquità del mio popolo fu percosso a morte.
Gli si diede sepoltura con gli empi,
con il ricco fu il suo tumulo,
sebbene non avesse commesso violenza
né vi fosse inganno nella sua bocca.
Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori.
Quando offrirà se stesso in espiazione,
vedrà una discendenza, vivrà a lungo,
si compirà per mezzo suo la volontà del Signore.
Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà la loro iniquità.
Perciò io gli darò in premio le moltitudini,
dei potenti egli farà bottino,
perché ha consegnato se stesso alla morte
ed è stato annoverato fra gli empi,
mentre egli portava il peccato di molti
e intercedeva per i peccatori.

MISTERO DELLA CARITÀ DI GIOVANNA D’ARCO
(Ch. Péguy)

Egli è qui.
È qui come il primo giorno.
È qui tra di noi come il giorno della sua morte.
In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno.
In eterno tutti i giorni.
È qui tra di noi in tutti i giorni della sua eternità.
Il suo corpo, il suo medesimo corpo, pende dalla medesima croce;
I suoi occhi, i suoi medesimi occhi tremano per le medesime
lacrime;
Il suo sangue, il suo medesimo sangue, sgorga dalle medesime
piaghe;
Il suo cuore, il suo medesimo cuore, sanguina del medesimo
amore.
Il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue.
Una parrocchia ha brillato di uno splendore eterno.
Ma tutte le parrocchie brillano eternamente,
perché in tutte le parrocchie c’è il corpo di Gesù Cristo.
Il medesimo sacrificio crocifigge il medesimo corpo,
il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue.
Il medesimo sacrificio immola la medesima carne,
il medesimo sacrificio versa il medesimo sangue.
Il medesimo sacrificio sacrifica la medesima carne
e il medesimo sangue.

È la medesima storia, esattamente la stessa, eternamente la stessa,
che è accaduta in quel tempo e in quel paese e che accade
tutti i giorni in tutti i giorni di ogni eternità.

Tutti i borghi sono splendenti di faccia a Dio,
Tutti i borghi sono cristiani sotto lo sguardo di Dio.

Giudei, voi non conoscete la vostra felicità;
Israele, Israele, non conosci la tua felicità;
ma anche voi, cristiani,
neanche voi conoscete la vostra felicità;
La vostra felicità presente; che è la medesima felicità.
La vostra felicità eterna.

Israele, Israele, tu non conosci la tua grandezza; ma anche voi,
cristiani, non conoscete la vostra grandezza; la vostra grandezza
presente; che è la medesima grandezza.
La vostra grandezza eterna.

Che i cristiani ne riconoscano o non ne riconoscano la gran-
dezza, Cristo è qui, è nel luogo da Lui scelto, il Tempio, come
fragile sponda da cui riparte per la Sua gloria nel grande
universo eper la Sua libera presenza d’amante in ogni uomo.


CHRISTE CUNCTORUM
(Canto ambrosiano del sec. V)
Christe, cunctorum dominator alme
mente Supremi generate Patris,
supplicum voces pariterque carmen
cerne benignus.

Cerne, quod Templi, Deus, ad deco-
rem
plebs tua supplex resonet per Aedem,
annuo cujus redeunt colenda
tempore festa.

Haec Domus surgit tibi dedicata
rite, ubi sumit populus sacratum
Corpus ex aris, bibit et beati
Sanguinis haustum.

Hic sacrosancti !atices nocentum
diluunt culpas, perimuntque noxas:
chrismate invictum genus et creatur
christicolarum.


Hic salus aegris, medicina fessis,
lumen et caecis datur: hic reatu,
Christe, nos solvis; timor atque moeror
pellitur omnis.

Daemonis saevi perit hic rapina:
pervicax monstrum pavet, et retentos
deserens artus, fugit in remotas
ocyus auras.

Hic locus Regis vocitatur aula
nempe coelestis, rutilansque coeli
porta, quae vitae patriam petentes
accipit omnes.


Turbo quem nullus quatit, aut vagan-
tes
diruunt venti; penetrantque nimbi,
hanc domum tetris piceus tenebris
Tartarus horret.

Ergo te votis petimus sereno
annuas vultu; famulos gubernes,
qui tui summo celebrant amore
gaudia templi.

Nulla nos vitae cruciet procella:
sint dies laeti placidaeque noctes
nullus ex nobis, pereunte mundo,
sentiat ignem.

Hic dies, in quo tibi consecratum,
conspicis Templum, tribuat perenne
gaudium nobis, vigeatque longo
temporis usu.

Laus poli summum resonet Parentem
laus, Patris Natum pariterque
Sanctum
Spiritum dulci moduletur hymno
omne per aevum.
Amen.

TRADUZIONE

O Cristo, Signore di tuui e datore di vita,
generato dalla mente dell’altissimo Padre,
guarda benevolo le voci e la preghiera
di coloro che ti supplicano umilmente.

Guarda, o Dio, come il tuo popolo sup-
plichevole faccia risuonare nel tempio il
suo canto
per onorare la Chiesa, nella ricorrenza
annuale in cui ne celebriamo lafrsta.

Questa casa sorge a te debitamente
dedicata, in essa il popolo prende dal-
l’altare il corpo consacrato
e si abbevera del beato Sangue.

Qui le sante acque sciolgono le colpe
di coloro che hanno errato e ne annul-
lano le pene;
con l’unzione viene generata
la stirpe invincibile dei cristiani.

Qui viene data la salute agli infermi,
l’aiuto ai deboli e la vista ai ciechi:
qui, o Cristo, ci liberi dalla colpa;
ogni paura e tristezza è cacciata via.

Qui è annullata la presa frroce del
demonio: il mostro caparbio ha paura,
e abbandona le membra che teneva
imprigionate,
veloce fugge nelle profondità dell’abisso.

Questo è il luogo realmente chiamato
corte del Re celeste,
porta splendente del cielo,
che accoglie tutti coloro
che cercano la patria della vita.

Nessun turbine lo scuote, né l’abbatte il
vortice dei venti,
né vi penetrano le tempeste;
ha orrore di questa casa
il Tartaro oscuro di profonde tenebre.

Perciò ti chiediamo che tu dica
si alle nostre suppliche con volto sereno;
custodisci i tuoi servi che con grande
amore celebrano le gioie del tempio.

Nessuna tempesta turbi la nostra vita:
siano i giorni lieti e calme le notti,
nessuno di noi provi il fuoco,
quando il mondo perisce.

Questo giorno in cui guardi il Tempio a
te consacrato ci elargisca gioia perenne
e rimanga solido per il nostro uso
in un lungo spazio di tempo.

Risuoni la lode al Padre supremo del
Cielo e si moduli con dolce canto
la lode al nato dal Padre
e ugualmente allo Spirito Santo per
tutti i secoli.
Amen.



TUTOR DICENDO
(Laudario di Cortona, sec. XIII)

Jesù, Jesù,
Jesù dolce ad amare


Tutor dicendo, di lui non tacendo,
Laudandol cum cantare.

Sempre l’atendo, col mio cor gaudendo,
Fa mi rallegrare.

Non mi ritegno da mi’ gran sostegno,
E voglio1 pur chiamare.

Vo’ che mi dica la mia dolce vita,
Che mi farà salvare.

L’anima mia, cattiva e mendica,
Degna è d’amor dare.

Ch’i’ son dolente, con molta fatica;
Fa mi consolare!

Amor diletto, del mio cor se vita,
Or damit’a trovare!

Tra’ mi a te di questo gran tormento,
Ché vivo in dolorare!

Ch’io non ti perda per mio fallimento,
cum falso tentare.

Vivo in paura di te mia dolzura;
Come ne posso fare?

Tu se’ il mio aìre, io son tua creatura;
Non m’abandonare!
Tu sì m’ài detto [amor mio diletto],
Ch’i’ chegia faràimi dare.

Et io adimando Iesu benedetto;
Di lui mi vo’ pagare!

Non averò povertà, né difetto,
E vo’ con teco stare!



VENERDI
SANTO



mattina

STABAT MATER
(G. B. Pergolesi)

ANGELUS

Che l’Amen, con cui si conclude lo Stabat Mater di Pergolesi
che abbiamo sentito poco fa (questo Amen è il più bello di
tutta la storia della musica), si rtpercuota anch’esso nel nostro
cuore e la nostra tristezza sia argomento di gioia attiva e ope-
rosa, creativa come la figura, la realtà della Madonna è nella
storia del mondo. Essa è ilpunto da cui passa la creatività del
Mistero, la creatività stessa di Dio, la salvezza che Cristo
continuamente porta, urgendo al cuore di ogni uomo.
Seguiamo la figura della Madonna nei suoi sentimenti, in
tutto il cammino di oggi.

Noi siamo la Gloria di Cristo, ma siamo insieme anche la sua
sofferenza; siamo la sofferenza di Cristo perchè non siamo la
sua Gloria. Non abbiamo coscienza che lo scopo della nostra
vita quotidiana è la Gloria di Cristo.
" Ti ride negli occhi la stranezza di un cielo che non è il tuo"
(Cesare Pavese). La nostra compagnia segue le attrattive
naturali non riconosciute come realtà in cui ride il cielo di
Cristo. Ultimamente si può affermare che il rapporto tra
Cristo e noi rischia di essere sempre una stranezza. La Bibbia
esprime questo parlando dell’ira di Dio: "Dies Irae".


REQUIEM
(WA. Mozart)

Dies Irae

Dies irae, dies illa
Solvet saeclum in favilla,
Teste David cum Sibylla.
Quantus tremor est futurus,
Quando Judex est venturus,
Cuncta stricte discussurus!

(Si ripete)
Traduzione:
Giorno d’ira sarà quel giorno,
quando il mondo diventerà cenere,
come annunziarono Davide e la
Sibilla. Quale spavento ci sarà
all’apparire del Giudice, che su
tutto farà un esame severo.

Sull’ira concepibile di Dio si instaura la cosa più impensabi-
le, sorprendente e commovente, vale a dire il perdono di Dio:
"Qui salvandos salvas gratis", tu che gratuitamente salvi gli
uomini che hai voluto salvare, " Voca me cum benedictis",
chiamami insieme ai benedetti, "Gere curam mei finis",
prendi a cuore il mio destino.


Rex tremendae
Rex tremendae majestatis,
Qui salvandos salvas gratis,
Salva me fons pietatis.

Re di terribile maestà, che
gratuitamente salvi gli uomini
che hai voluto salvare, salva
anche me, sorgente d’amore.

Confutatis
Confutatis maledictis
Flammis acribus addictis,
Voca me cum benedictis.
Oro supplex et acclinis,
Cor contritum quasi cinis,
Gere curam mei l’mis.

Mentre saranno confusi i maledetti
e condannati alfiioco divorante,
Tu chiamami insieme ai benedetti
Ti supplico umilmente prostrato,
con il cuore spezzato, come
polvere: prendi a cuore il mio destino.

"Lacrimosa dies illa", giorno di pianto sarà quel giorno,
quando dalle ceneri risorgerà il peccatore per ascoltare la sen-
tenza. O Dio, concedigli il perdono! O pietoso Signore Gesù,
dona loro il riposo. Amen.
La ragione e la confidenza umana non hanno mai potuto
immaginare un partner cui poter rivolgere queste parole.
Alziamoci e preghiamo insieme leggendo lentamente il
"Lacrimosa" in latino.


Lacrimosa
Lacrimosa dies illa,
Qua resurget ex favilla
Judicandus homo reus.
Huic ergo parce, Deus,
Pie Jesu Domine:
Dona eis requiem. Amen.

Giorno di pianto sarà quel giorno,
quando dalle ceneri risorgerà il
Peccatore per ascoltare la Sentenza.
O Dio, concedigli il perdono!
O pietoso Signore Gesù, dona loro
Il riposo. Amen.

La donna da cui Cristo nacque è l’umanità che più ha par-
tecipato alla pietà sofferente di Cristo.


MISTERO DELLA CARITÀ DI GIOVANNA D’ARCO
(Ch. Péguy)

Sua madre Maria trovava che andava molto bene.
Era felice, era fiera di avere un tale figlio.
Di essere la madre di un figlio simile.
Di un tale figlio.
Se ne gloriava forse in se stessa e glorificava Dio.
Magnificat anima mea
Dominum.
Et exultavit spiritus meus.
Magnificat. Magnificat.

Fino al giorno in cui aveva cominciato la sua missione.
Ma da quando aveva cominciato la sua missione.
Lei forse non magnificava più.
Da tre giorni piangeva.
Piangeva, piangeva.
Come nessuna donna ha mai pianto.
Nessuna donna.
Ecco cosa aveva reso a sua madre.
Mai un ragazzo era costato tante lacrime a sua madre.
Mai un ragazzo aveva fatto piangere tanto sua madre.
Ecco cosa aveva reso a sua madre.
Da quando aveva cominciato la sua missione.

Perché aveva cominciato la sua missione.
Da tre giorni essa piangeva.
Da tre giorni errava, seguiva.
Seguiva il corteo.
Seguiva gli avvenimenti.
Seguiva come a un funerale.
Ma era il funerale di un vivo.
Di uno ancora vivo.
Seguiva quello che succedeva.
Seguiva come se fosse stata del corteo.
Della cerimonia.
Seguiva come un’ accompagnatrice.
Come una servente.
Come una prefica dei romani.
Dei funerali romani.
Come se fosse stato il suo mestiere.
Di piangere.
Seguiva come una povera donna.
Come una frequentatrice del corteo.
Come un’accompagnatrice del corteo.
Come una servente.
Già, come una frequentatrice.
Seguiva come una poveretta.
Come una mendicante.
Loro che non avevano mai chiesto nulla a nessuno.
Adesso chiedeva la carità.
Senza averne l’aria chiedeva la carità.
Perché senza averne l’aria, senza neanche saperlo chiedeva la
carità della pietà.
Di una pietà.
Di una certa pietà.
Pietas.
Ecco cosa aveva fatto di sua madre.
Da quando aveva cominciato la sua missione.
Lei seguiva, piangeva.
Piangeva, piangeva.
Le donne non sanno che piangere.
La si vedeva dappertutto.
Nel corteo, ma un po’ al di fuori del corteo.
Sotto i portici, sotto le arcate, nelle correnti d’aria.
Nei templi, nei palazzi.
Nelle strade.
Nei cortili e nei cortiletti.
Era salita anche lei sul Calvario.
Anche lei aveva salito il Calvario.
Che è una montagna scoscesa.
E non sentiva neanche più che camminava.
E non sentiva neanche i suoi piedi che la portavano.
Non sentiva le gambe sotto di sé.
Anche lei aveva salito il suo calvario.
Anche lei era salita, salita.
Nella ressa, un po’ indietro.
Salita al Golgotha.
Sul Golgotha.
Sulla cima.
Fino alla cima.
Dove egli era adesso crocifisso.
Con le quattro membra inchiodate.
Come un uccello notturno sulla porta d’un granaio.
Lui, il Re di Luce.
Nel luogo chiamato Golgotha.
Cioè il posto del Cranio.
Ecco cosa aveva fatto di sua madre.
Materna.
Una donna in lacrime.
Una poveretta.
Una poveretta di desolazione.
Una poveretta nella desolazione.
Una specie di mendicante di pietà.

L’itinerario di Cristo con l’uomo come croce e come perdono
un itinerario che esprime l’assoluto vertice del Mistero di
Dio. Il vertice del Mistero di Dio non può essere immagina-
to più drammatico di quanto è successo, sia per Dio, sia per
l’uomo. Padre Nostro, perdona a noi i nostri peccati: " Tatal
Nostru".


TATAL NOSTRU
(PADRE NOSTRO)
Tatal nostru care le esti in ceruri
Sfinteascà-se numele Tàu,
Vie ìmpàràtia Ta,
Facà-se voia Ta
Precum in cer si pe pàmànt.
Pàinea noàstrà cea de toate zilele
Dàne-o novà astàzi
Si ne iartà gresalele noastre
Precum si noi iertàm grescitilor nostri
Si nu ne duce pe noi in ispità
Ci ne isbàveste de cel ràu
Amin.

Sentiamo ora un seguito dei "Responsorii" della Settimana
Santa del grande Da Victoria, che rappresentano nel modo
più commovente la drammaticità del rapporto tra l’uomo e
Cristo. Seguiamo bene i pezzi leggendo le parole sul libretto.


RESPONSORII
(T.L. Da Victoria)

Il dominio sul cuore dell’uomo del potere mondano:
"Astiterunt reges".


Astiterunt regcs

Astiterunt reges terrae
et principes convenerunt in unum,
adversus Dominum,
et adversus Christum eius.
Quare fremuerunt
gentes et populi meditati sunt mania?

Insorgono i re della terra
e i potenti congiurano insieme
contro Dio,
e contro il suo Cristo.
Perché fremono le genti
e i popoli cospirano invano?


L’amara delusione, l’amicizia tradita: "Amicus meus".

Amicus meus

Amicus meus osculi me tradidit signo.
Qiem osculatus fiero, ipse est, tenete eum.
Hoc malum fecit signum,
qui per osculum adimplevit homicidium.
Infelix praetermisit pretium sanguinis,
et in fine laqueo se suspendit.
Bonum erat ei, si natus non fuisset
homo ille.
Infelix praetermisit pretium sanguinis,
et in fine laqueo se suspendit.

Amico mio con un bacio mi tradisci.
"Quello che bacerò, è lui: arrestatelo!";
diede questo segnale
colui che con un bacio compì un omicidio.
L’infelice lasciò cadere il prezzo del sangue
e andò ad impiccarsi.
Sarebbe stato meglio per lui se quell’uo-
mo non fosse mai nato.
L’infelice lasciò cadere il prezzo del sangue
e andò ad impiccarsi.


La profezia di Simeone.
Lc 2,33-35
Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.
Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la
resurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i
misteri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima".

Solitudine e impotenza di Cristo: "Eram quasi agnus".

Eram quasi agnus

Eram quasi agnus innocens:
ductus sum ad immolandum, et
nesciebam:
concilium fecerunt inimici mei
adversum me, dicentes:
Venite, mittamus lignum in panem eius
et eradamus eum de terra viventium.
Omnes inimici mei adversum me
cogitabant mala mihi:
verbum iniquum mandaverunt
adversum me, dicentes:
Venite, mittamus lignum in panem eius
et eradamus eum de terra viventium.

Ero come un agnello innocente che
viene portato al macello, e non sapevo

che avevano tenuto consiglio contro di
me dicendo:
Venite, mettiamo del veleno nel suo pane
e strappiamolo dalla terra dei viventi.
Tutti i miei nemici tramavano contro
di me, avevano pronunciato
parole inique contro di me, dicendo:

Venite, mettiamo del veleno nel suo pane
e strappiamolo dalla terra dei viventi.


Il dramma di Maria.

MISTERO DELLA CARITÀ DI GIOVANNA D’ARCO
(Ch. Péguy)


Lei piangeva, piangeva, ne era diventata brutta.
Lei, la più grande Beltà del mondo.
La Rosa mistica.
La Torre d’avorio.
Turris eburnea.
La Regina di beltà.
In tre giorni era diventata spaventosa da vedere.
La gente diceva che era invecchiata di dieci anni.
Non se ne intendevano. Era invecchiata più di dieci anni.
Lei sapeva, sentiva bene che era invecchiata più di dieci anni.
Era invecchiata della sua vita.
Che imbecilli.
Di tutta la sua vita.
Era invecchiata della sua vita intera e più che della sua vita,
più di una vita.
Perché era invecchiata di una eternità.
Era invecchiata della sua eternità.
Che è la prima eternità dopo l’eternità di Dio.
Perché era invecchiata della sua eternità.

Era diventata Regina.
Era diventata la Regina dei Sette Dolori.



Lei piangeva, piangeva, era diventata così brutta.
In tre giorni.
Era diventata spaventosa.
Spaventosa da vedere.
Così brutta, così spaventosa.
Che ci si sarebbe burlati di lei.
Sicuramente.
Se non fosse stata la madre del condannato.

Piangeva, piangeva. I suoi occhi, i suoi poveri occhi.
I suoi poveri occhi erano arrossati dalle lacrime.
E non avrebbero mai visto veramente chiaro.
Dopo.
Poi.
In seguito.
Mai più.
Mai ormai avrebbe veduto veramente chiaro.
Per lavorare.

Eppure dopo sarebbe stato necessario lavorare per guadagnarsi
la vita.
La sua povera vita.
Lavorare ancora.
Dopo come prima.
Fino alla morte.
Accomodare le calze, i calzini.
Giuseppe avrebbe logorato ancora.
Infine tutto quello che una donna deve fare nella sua casa.
Ci vuole tanto per guadagnarsi la vita.
Lei piangeva, era diventata spaventosa.
Le ciglia incollate.
Le due palpebre, quella di sopra e quella di sotto,
Gonfie, peste, sanguinolente.
Le guance devastate.
Le guance scavate.
Le guance segnate.
Le lacrime le avevano come solcato le guance.
Le lacrime da ogni lato le avevano scavato un solco nelle guance.

Gli occhi le ardevano, le bruciavano.
Mai si era pianto tanto.
Eppure piangere le era di sollievo.
La pelle le ardeva, le bruciava.
E lui intanto sulla croce le Cinque Piaghe gli bruciavano.
E lui aveva la febbre.
E lei aveva la febbre.
Ed era associata così alla sua Passione.
Lei piangeva, e aveva un’aria così strana, così spaventosa a vedersi.
Così spaventosa.
Che si sarebbe riso certamente.
E che ci si sarebbe burlati di lei.
Certamente.
Se non fosse stata la madre del condannato.
Perfino i monelli di strada si voltavano dall’altra parte.
Quando la vedevano.
Voltavano la testa.
Voltavano gli occhi.
Per non ridere.
Per non riderle in faccia.
E non si sa, forse anche per non piangere.

E l’avevano incamminato alla morte.
A quella morte.
Lo tenevano bene.
Questa volta.
E non l’avrebbero lasciato andare.
Non l’avrebbero lasciato più.
Ah, lui non brillava più in mezzo ai dottori.
Seduto in mezzo ai dottori.
Non brillava.
E tuttavia brillava eternamente.
Più di quanto abbia mai brillato.
Più di quanto abbia brillato altrove.

Ed ecco qual era la ricompensa.
Si è qualche volta stranamente ricompensati nella vita.
Si hanno a volte strane ricompense.
E stavano così bene insieme.
Il ragazzo e la madre.

Erano stati così felici a quei tempi.
La madre e il ragazzo.

Ecco qual era la sua ricompensa.
Ecco com’era ricompensata.

Di avere portato.
Di avere partorito.
Di avere allattato.
Di avere portato.
Nelle sue braccia.
Colui che è morto per i peccati del mondo.

Di avere portato.
Di avere partorito.
Di aver allattato.
Nelle sue braccia.
Colui che è morto per la salvezza del mondo.

Di avere portato.
Di avere partorito.
Di avere allattato.
Di avere portato.
Nelle sue braccia.
Colui per il quale i peccati del mondo saranno rimessi.


I motivi della nostra pietà.

1 Pt 2,2 1-25

A questo infatti siete stati chiamati, poiché
anche Cristo patì per voi,
lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme:
egli non commise peccato
e non si trovò inganno sulla sua bocca,
oltraggiato non rispondeva con oltraggi,
e soffrendo non minacciava vendetta,
ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia.
Egli portò i nostri peccati nel suo corpo
sul legno della croce,
perché, non vivendo più per il peccato,
vivessimo per la giustizia;
dalle sue piaghe siete stati guariti.
Eravate erranti come pecore,
ma ora siete tornati al pastore
e guardiano delle vostre anime.

" Voi ch’amate lo Criatore".

VOI CH’AMATE LO CRIATORE
(Laudario di Cortona, sec. XIII)

Voi ch imate lo Criatore,
ponete mente a lo meo dolore.


Ch’io son Maria co’ lo cor tristo
la quale avea per figliuol Cristo:
la speme mia e dolce acquisto
fue crocifisso per li peccatori.

Voi ch’amate...

Capo bello e delicato,
come ti veggio stare enchinato;
li tuoi capelli di sangue intrecciati,
fin a la barba ne va irrigore.

Voi ch’amate...


Bocca bella e delicata,
come ti veggio stare asserrata;
di fiele e aceto fosti abbeverata,
trista e dolente dentr’al mio core.

Voi ch’amate...


RESPONSORII
(T.L. Da Victoria)

Il dramma si consuma in tragedia: " Tenebrae factae sunt",
"Caligaverunt oculi mei", "Animam meam dilectam".


Tenebrae factae sunt

Tenebrae factae sunt, dum
crucifixissent Iesum
Iudaei: et circa horam nonam
exclamavit Iesus voce magna:
Deus meus,
ut quid me dereliquisti?
Et inclinato capite, emisit spiritum.
Exclamans Iesus voce magna, ait:
Pater, in manus tuas commendo
spiritum meum.
Et inclinato capite, emisit spiritum.

Si fece buio, quando i Giudei crocifissero Gesù.
E verso le tre (del pomeriggio) Gesù
gridò a gran voce:
"Dio mio, Dio mio, perché mi hai
abbandonato?".
E chinato il capo, spirò.
Gridando a gran voce Gesù disse:
"Padre, nelle tue mani consegno il mio
spirito".
E chinato il capo, spirò.


Caligaverunt oculi mei

Caligaverunt oculi mei a fletu meo:
quia elongatus est a me qui
consolabatur me:
Videte, omnes populi,
si est dolor similis sicut dolor meus.
O vos omnes, qui transitis per viam,
attendite et videte
si est dolor similis sicut dolor meus.

I miei occhi sono offuscati dal pianto
perché mi è stato strappato
colui che era la mia consolazione.
Popoli tutti, considerate se c’è al mondo
un dolore simile al mio.
O voi tutti che camminate per questa via,
fermatevi e considerate se c’è
un dolore simile al mio.


Animam meam dilectam

Animam meam dilectam tradidi in
manus iniquorum,
haereditas mea sicut leo in silva;
dedit contra me voces adversarius,
dicens:
Congregamini, et properate ad
devorandum illum:
posuerunt me in deserto solitudinis,
et luxit super me omnis terra:
Quia non est inventus qui me
agnosceret, et faceret bene.
Insurrexerunt in me viri absque
misericordia,
et non pepercerunt animae meae.
Quia non est inventus qui me
agnosceret, et faceret bene.

Ciò che avevo di più caro l’ho conse-
gnato nelle mani dei nemici,
la mia eredità è diventata come un
leone nella foresta;
l’avversario mi ha sollevato tutti con-
tro, dicendo:
"Radunatevi e venite per divorarlo".

Mi hanno posto in un deserto desolato
e ha pianto su di me tutta la terra.
Poiché non è ancora stato trovato il
giusto che mi riconosca.
Sono insorti contro di me uomini senza
pietà,
e non hanno risparmiato la mia anima.
Poiché non è ancora stato trovato il
giusto che mi riconosca.


Ma il nostro cuore anche insensibilmente urge una domanda.
"Chiunque ha questa speranza in Lui pur fica se stesso, come
Egliè puro" (1 Cv 3,3).
In piedi recitiamo insieme la preghiera di G. De Grandmaison.


Santa Maria, madre di Dio,
conservami un cuore di fanciullo
puro e limpido come acqua di sorgente.
Ottienimi un cuore semplice,
che non si ripieghi ad assaporare le proprie tristezze;
un cuore magnanimo nel donarsi, facile alla compassione;
un cuore fedele e generoso,
che non dimentichi alcun bene
e non serbi rancore di alcun male.
Formami un cuore dolce e umile
che ami senza esigere di essere riamato,
contento di scomparire in altri cuori,
sacrificandosi davanti al tuo Divin Figlio;
un cuore grande e indomabile,
così che nessuna ingratitudine lo possa chiudere
e nessuna indifferenza lo possa stancare;
un cuore tormentato dalla Gloria di Cristo,
ferito dal suo amore,
con una piaga che non si rimargini
se non in cielo.

Cristo chiese la propria morte per amore della felicità dell’uomo.

CRISTO AL MORIR TENDEA

Cristo al morir tendea
Et a più cari suoi Maria dicea:
“Hor, se per trarvi al ciel dà l’alma e ‘1 core,
Lascieretelo voi per altro amore?"

"Ben sa che fuggirete
Di gran timor’ e alfin vi nascondrete:
Et ei, pur come Agnel che tace e more,
Svenerassi per voi d’immenso amore".

"Dunque, diletti miei,
S’a dura croce, in man d’iniqui e rei,
Dà per salvarvi ‘1 sangue e l’alma e ‘1 core
Lascieretelo voi per altro amore?"

Gv 12, 23-27

Gesù rispose: "È giunta l’ora che sia glorificato il Figlio dell’uomo. In verità, in
verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se
invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde e chi odia la
sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuoi servi-
re mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre
lo onorerà. Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre, salvami da que-
st’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora!".

STABAT MATER (Strofa XX)
(G.B.Pergolesi)
Duetto

Quando corpus morietur,
Fac ut animae donetur
Paradisi gloria.

Amen

Quando questo corpo morirà
fa’ che all 1nima mia sia donata
la pace gloriosa a el paradiso.

Amen


Ma anche la nostra libertà deve desiderare la propria felicità.

LA VIGILANZA NELL’ATTESA DELLA VENUTA DEL SIGNORE
(lTs 5,1—11)

Riguardo poi ai tempi e ai momenti, fratelli, non avete bisogno che ve ne scriva;
infatti voi ben sapete che come un ladro di notte, così verrà il giorno del Signore.
E quando si dirà: <(Pace e sicurezza", allora d’improvviso li colpirà la rovina, come
le doglie una donna incinta; e nessuno scamperà.
Ma voi, fratelli, non siete nelle tenebre, così che quel giorno possa sorprendervi
come un ladro: voi tutti infatti siete figli della luce e figli del giorno; noi non
siamo della notte, né delle tenebre. Non dormiamo dunque come gli altri, ma
restiamo svegli e siamo sobrii.
Quelli che dormono, infatti, dormono di notte; e quelli che si ubriacano, sono
ubriachi di notte. Noi invece, che siamo del giorno dobbiamo essere sobrii, rive-
stiti con la corazza della fede e della carità e avendo come elmo la speranza della
salvezza. Poiché Dio non ci ha destinati alla collera ma all’acquisto della salvez-
za per mezzo del Signor nostro Gesù Cristo, il quale è morto per noi, perché, sia
che vegliamo sia che dormiamo, viviamo insieme con lui. Perciò confortatevi a
vicenda edificandovi gli uni gli altri, come già fate.

Nel Venerdì Santo il prezzo della nostra salvezza resta la morte di Cristo.

OGNUN M’ENTENDA
(Codice Ven. Marciana, sec. XIV)

Ognun m’entenda divotamente
lo pianto che frce Maria dolente
del suo figliol tanto dilicato.

O Jesu Christo, bello mio figlio,
o Jesu bello, bianco e vermeglio,
o de la trista Madre el consegiio
su ne la croce già conficato.

MIGUEL MANARA
(O. V. Milosz)
[O.V. Milosz, Miguel Manara. Milano, Jaca Book 1998]

Il sudore della morte gli scorre sugli occhi.
Cammina sotto la croce verso il suo ultimo giorno. E cosa c’è
mai di bello qui da vedere, dicci, Figlio dell’Uomo?
L’acqua di questo paese è come l’occhio del cieco, la pietra di
questo paese è come il cuore del Re, l’albero di questo
paese è un palo di tortura per te, Amore, figlio del
Cielo.

Ha spezzato il pane, ha versato il vino.

Ecco la carne, ecco il sangue.

Chi ha orecchi intenda!

Ha pregato e s’è levato: i suoi diletti erano sdraiati sotto l’olivo.

Simone, dormi tu?

Ha gridato e s’è levato: i suoi figlioletti sognavano sotto l’olivo.
Dormite ormai, dice il Figlio dell’Uomo. Sono
venuti con spade e lanterne: “Ti saluto, Maestro
Il fratello ha baciato il fratello sulla guancia. L’orecchio destro
fu tagliato, ed eccolo risanato: perché l’uomo intenda.
Il gallo ha cantato due volte: non c’è più amore, tutto dimen-
ticato.
Il gallo ha cantato nella solitudine del tuo cuore, Figlio
dell’Uomo.
La corona è sul capo, la canna è nella mano, il volto è cieco di
sputi e sangue.
Salve, re dei Giudei.
Le vesti sono state divise, i ladroni sono morti.
"Ho sete", grida il cuore della vita.
Ma la spugna è ricaduta e il costato è trafitto e tutto è com-
piuto.
Ora sappiamo che egli è il Figlio del Dio vivente e che egli è
con noi fino alla fine del mondo. Amen.

DULCIS CHRISTE
(Michelangelo Grancini, sec. XVII)
Dulcis Christe, o bone Deus
o amor meus, o vita mea,
o salus mea, o gloria mea.
Tu es Creator, Tu es Salvator mundi.
Te volo, te quero,
te adoro,
o dulcis amor,
te adoro, o care Jesu.

Dolce Cristo, o Dio buono,
mio amore, mia vita,
mia salvezza, mia gloria,
Th sei il Creatore, Tu sei il Salvatore
del mondo.
Te io desidero, te cerco,
te adoro,
o dolce amore,
te io adoro, o caro Gesù.


Riassumiamo tutto il pensiero e l’affezione giusta di cui e
stato fatto capace il nostro cuore.


TI ADORO REDENTORE
(Antonio Martorell)

Ti adoro, Redentore,
di spine incoronato,
per ogni peccatore
a morte condannato.

Ti adoro, Gesù buono,
schernito, schiaffeggiato,
tu doni il tuo perdono
a chi ti ha flagellato.

Ti adoro, Gesù pio,
in croce immolato;
ripenso nel cuor mio
che tu mi hai tanto amato.
Amen.

ANGELUS



pomeriggio

VIA CRUCIS

EXAUDI DOMINE
(Lorenzo Perosi)
Exaudi Domine vocem meam
qua clamavi ad te,
miserere mei et exaudi me.
Tibi dixit cor meum,
exquisivit te facies mea.
Faciem tuam, Domine, requiram.
Ne avertas faciem tuam a me.
Ne declines in ira a servo tuo.

Esaudisci, Signore la mia voce
con la quale ti ho invocato,
abbi pietà di me ed esaudiscimi.
A te si rivolse il mio cuore,
te cercò il mio volto.
Ricercherò il tuo volto, Signore.
Non distoglierlo da me.
Non allontanarti nell ira dal tuo servo.


Non è tanto un pensiero da seguire, ora, quanto un avveni-
mento in cui entrare, è una forma di memoria e, come ogni
forma di memoria, trae tutta la sua importanza dalla serie-
tà con cui il cuore si fissa sui contenuti della memoria stessa,
come una meditazione le cui mosse, il cammino, le parole che
si sentono, i canti che si fanno rendono più viva, più pronta,
più possibile. Non ci meravigliamo se ci sorprendiamo dis-
tratti per alcuni minuti, riprendiamo l’attenzione appena ce
ne accorgiamo. Prima di iniziare chiediamo al Signore che fa
tutte le cose, al grande Padre, l’origine di tutto e quindi l’o-
rigine di questo breve istante di pensiero, di sentimento, di
desiderio che mi invade, domandiamo a Dio la Grazia di
capire, di comprendere sempre di più, che il nostro cuore
comprenda sempre di più. Donaci il Tuo aiuto affinché non
veniamo meno, affinché l’evidenza ultima non si oscuri in
noi, perché è come una oscurità che copre l’evidenza del Vero.


O MAGNE PATER
(Hildegard von Bingen)
O magne Pater,
in magna necessitate sumus,
nunc igitur obsecramus,
obsecramus te per Verbum tuum,
per quod nos constituisti
plenus quibus indigemus.
Nunc placeat tibi, Pater, quia te decet,
ut aspicias in nos per audiutorium tuum,
ut non deficiamus,
et ne nomen tuum in nobis obscuretur,
et per ipsum nomen tuum
dignare nos adiuvare.

O grande Padre,
grande è il nostro bisogno,
ora perciò ti supplichiamo,
ti supplichiamo in nome di tuo Figlio,
per mezzo del quale hai reso
noi ricchi di ciò che non abbiamo.
Ora ti piaccia, o Padre, come a te conviene,
volgerti a noi per darci il tuo aiuto,
affinché non veniamo meno,
affinché la Tua gloria in noi non si oscuri
e per la tua stessa gloria
tu ti degni di aiutarci.


Per quanto peccatori siamo, la prima gratitudine a Dio è di
gridare a tutti quello che Egli ha fatto.



OMNE HOMO AD ALTA VOCE
(Laudario di Cortona, sec. XIII)

Omne homo ad alta voce
laudi la verace Croce.

Quant’è digna de laudare:
core non lo po’ pensare,
lengua ne lo po’ contare,
la verace santa Croce.

Questo legno prezYoso
ne segno vertiioso,
lo nimico ha confuso
per la forza de la Croce.

Non si può dire agli altri se non quello che nasce dall’emozione
profonda del nostro cuore.

PROSTERNIMUS PRECES
(Gregoriano)
Prosternimus preces ante faciem tuam,
parce Christe:

Et exaudi, populo supplicanti miserere.

Qui triumpho Crucis tuae
salvasti solus orbem
tu cruoris tui
poena nos libera.

Et exaudi...

Qui moriens mortem damnas,
resurgens vitam praestas
sustinens pro nobis
poenam indebitam.

Et exaudi...

Passionis tuae diem
celebremus indemnes:
ut per hoc dulcedo
tua nos foveat.

Et exaudi...

Pro quibus es passus crucem,
non permittaS perire:
sed per crucem duc
ad vitam perpetuam.

Et exaudi...


Noi ci prostriamo pregando davanti al tuo
volto, o Cristo, perdona ed esaudisci,
abbi pietà del popolo che ti supplica.

O tu che col trionfo della tua Croce,
salvasti da solo il mondo intero,
liberaci per il sacrificio del tuo sangue.

O tu che morendo distruggi la morte,
e risorgendo doni la vita,
sopportando per noi una sofferenza
immeritata.

Fa’ che possiamo celebrare in pace
ilgiorno della tua passione,
perché la tua dolcezza
ci custodisca.

Non permettere che periscano coloro
per i quali hai patito la Croce,
ma attraverso di essa conducili alla
vita eterna.



DAL FONDO DEL DOLORE
(Maria Biìtzler, Salterio marotino, sec. XVI)

Dal fondo del dolore
ti invoco, o mio Signor;
ascolta, o Salvatore,
il grido del mio cuor!
Se guardi le mie colpe
ed ogni iniquità,
Signore nostro Dio
chi mai si salverà?

Signore tu sei buono
tu, nostro Salvator;
pronto è il tuo perdono
anche nel mio timor.
In te la mia speranza
in te, mio Salvator;
attendo la parola
da te, mio Redentor.

Come in oscura notte
s’attende l’alba ognor,
l’anima nel dolore
anela a te, Signor.
Perché presso il mio Dio
immensa è la bontà
e tutti i miei peccati
egli perdonerà.

Non si può dire agli altri se non quello che nasce dall’emozione
profonda del nostro cuore, soprattutto dall’emozione
provocata dalla possibilità continua dei nostri tradimenti.



MISTERO DELLA CARITÀ DI GIOVANNA D’ARCO
(Ch. Péguy)

Il rinnegamento di Pietro, il rinnegamento di Pietro. Non avete che questo da
dire, il rinnegamento di Pietro. Si adduce questo, questo rinnegamento, si dice
questo per mascherare, per nascondere, per scusare i nostri propri rinnegamen-
ti. Per far dimenticare, per dimenticare, noi stessi, per far dimenticare a noi stes-
si i nostri propri rinnegamenti. Per parlare d’altro. Per cambiare argomento.
Pietro l’ha rinnegato tre volte. E allora. Noi l’abbiamo rinnegato centinaia e
migliaia di volte per il peccato, per gli smarrimenti del peccato, nei rinnegamenti
del peccato.

Ultimamente èper le debolezze ed il cinismo del nostro cuore
che il mondo è come una grande tenebra nella quale la sor-
gente della luce è la morte, paradosso supremo, è la morte
della vita, è la morte di Cristo.



TENEBRAE FACTAE SUNT
Tenebrae factae sunt
super universam terram
dum crucifixissent Jesum, Judaei.
Et circam horam nonam
Exclamavit Jesus voce magna:
“Deus meus, ut quid me
dereliquisti?”
Tunc unus ex militibus
lancea latus ejus perforavit
Et, inclinato capite,
emisit spiritum
Ecce terraemotus factus est magnus
nam velum templi scissum est
et omnis terra tremuit
Et, inclinato capite,
emisit spiritum
Calarono le tenebre
Su tutta la terra
Quando i Giudei crocifissero Gesù:
e verso l’ora nona
Gesù esclamò a gran voce:
Mio Dio perché mi hai abbandonato?
Allora uno dei soldati
colpì il suo fianco con una lancia
E, chinato il capo,
spirò.
Ecco vifu un gran terremoto
e il velo del tempio si squarciò
e tutta la terra tremò
E, chinato il capo,
spirò.

Per capire il Mistero bisogna accorgersi dell’umano; ciò che ci
rende familiari al Mistero della morte di cristo è accorgersi
dei sentimenti umani di Cristo stesso che sono stati contenu-
to del Suo martirio


Salmo 21
MIO DIO, PERCHÉ MI HAI ABBANDONATO
(Marina Valmaggi)

Mio Dio, mio Dio,
perché mi hai abbandonato?


Lontano sono dal tuo volto
le parole del mio grido.
Signore, io ti invoco nel giorno,
nella notte chiamo il tuo nome.

In Te hanno confidato i nostri padri:
confidarono e li hai liberati;
a Te hanno gridato e furon salvi:
non tradisti la loro attesa.

Il mio cuore si è fatto come cera
e dentro di me si strugge;
la mia anima si è inaridita
perché mi ha circondato il male.

STAVA A’ PIE’ DELLA CROCE

Stava a’ pie’ della Croce
onde pendea ‘1 Figliolo
la Madre in pianto e in duolo
stupida e senza voce.

Vide il suo dolce Nato
mandar lo spirto fuore
dall’affannato core
povero e desolato.
Madre santa le piaghe
stampa del Crocefisso
dentro lo mio cor fisso
et di ciò sol m’appaghe.

Fa’ che ‘1 mio cor tutt’arda
in amar Christo Dio
fa’ ch’al suo gran desio
non fia mia voglia tarda.


"De la crudel morte del Cristo": il ritornello che scandisce i passi
della Via Crucis ci richiami la necessità di questa memoria.


DE LA CRUDEL MORTE DEL CRISTO
(Laudario di Cortona, sec. XIII)

De la crudel morte del Cristo
Ogn’om pianga amaramente.


Quando Juderi Cristo pilYaro,
d’ogne parte lo circumdaro,
le sue mane strecto legaro,
como ladro villanamente.

Trenta denar fo lo mercato
che fece Juda e fo pagato:
mellio li fora non essar nato
ch’aver peccato sì duramente.

A la colonna fo spolYato,
per tutto ‘1 corpo flagellato,
d’ogne parte fo ‘nsanguinato
commo falso amaramente.

Tutti gridaro ad alta voce:
"Moia ‘i falso, moia veloce;
sbrigatamente sia posto en croce,
che non turbi tutta la gente".
Li soi compagni l’abbandonaro,
tutti fugiero e lui lassaro;
stando tormento forte ed amaro
de lo suo corpo per la gente.

Molt’era trista santa Maria
quando ‘1 suo figlio en croce vedea;
cum gran dolore forte piangea
dicendo: “Trista, lassa, dolente”.

CRUX FIDELIS
(Gregoriano)
Cruxfidelis, inter omnes
arbor una nobilis:
nulla silva talemprofert,
fronde, fiore, germine:
Dulce lignum, dulces clavos,
dulce pondus sustinet.

Pange, lingua, gloriosi
lauream certaminis,
et super Crucis trophaeo
dic triumphum nobilem:
qualiter Redemptor orbis
immolatus vicerit.

Felle potus ecce languet:
spina, clavi, lancea,
mite corpus perforarunt,
unda manat, et cruor:
terra, pontus, astra, mundus,
quo lavantur flumine.

Flecte ramos, arbor alta,
tensa laxa viscera,
et rigor lentescat ille,
quem dedit nativitas:
Croce fedele, fra tutti unico albero
nobile: nessuna selva ne produce uno
simile per fronda, fiore efrutto.

et superni membra Regis
tende miti stipite.

Sola digna tu fuìsti
ferre mundi victimam:
atque portum praeparare
arca mundo naufrago:
quam sacer cruor perunxit
fusus Agni corpore.

Sempiterna sit beatae
Trinitati gloria:
aequa Patri Filioque;
par decus Paraclito:
Unius Trinique nomen
laudet universitas.

Dolce legno, dolci chiodi che sostenete il
dolce peso. Celebra, o lingua, la vittoria
del glorioso combattimento, e racconta
del nobile trionfo davanti al trofro della
croce: in che modo il Redentore del
mondo, pur essendo vittima, abbia vinto.

Ecco, Egli Lingue, abbeverato di fiele:
poiché le spine, i chiodi e la lancia
hanno trafitto il mite suo corpo, da cui
sgorgano sangue ed acqua: in quel
fiurne sono lavati la terra, il mare, il
cielo, il mondo.

Piega i rami, o albero singolare, rila-
scia le fibre tese, si addolcisca quel rigo-
re che Natura ti diede ed ojfri un mite
sostegno alle membra del re Celeste.

Tu solo fosti degno di sostenere la vitti-
ma del mondo; tu solo fosti l’arca
degna di procurare un porto al naufra-
go mondo; tu, bagnato del sacro sangue
scaturito dal corpo dell'Agnello.

Sia gloria eterna alla beata Trinità;
uguale onore al Padre e al Figlio e allo
Spirito Santo. Tutto il mondo dia lode
al nome di Dio, uno e trino.



PRAECONIUM PASCHALE
IN VIGILIA
DOMINICAE RESURRECTIONIS

Exsùltet iam angélica turba caelòrum;
exsùltent divIna mystéria,
et pro tanti regis victòria
tuba ìntonet salutàris.
Gàudeat se tot tellus irradiàta
fulgòribus,
et, aetérni Regis splendòre lustràta,
totìus orbis séntiat amisìsse
calìginem.
Laetétur et mater Ecclésia,
tanti lùminis adornàta fulgòre,
et magnis populòrum vòcibus
haec aula resùltet.
Qua pròpter, astàntibus vobis, fratres
carIssimi,
ad tam miram sancti huius lùminis
claritàtem,
una mecum, quaeso, Dei omnipoténtis
misericòrdiam invocàte,
ut qui me non meis méritis intra
levitàrum
nùmerum dignàtus est aggregàre,
lùminis sui gràtiam infundéndo,
cérei huius laudem implére praecìpiat.
Praestànte Dòmino nostro Iesu
Christo Fìlio suo,
secum vivénte atque regnànte Deo,
in unitàte Spìritus sancti,
per òmnia sàecula saeculòrum.
Amen.
Dòminus vobìscum.
Et cum spìritu tuo.
Sursum corda.
Habémus ad Dòminum.
Gràtias agàmus
Dòmino Deo nostro.
Dignum et iustum est.
Dignum et iustum est,
vere quia dignum et iustum est,
aequum et salutàre,
nos tibi semper,
hic et ubìque, gràtias àgere,
Dòmine, sancte Pater,
omnìpotens aetérne Deus.
Qui populòrum Pascha cunctòrum,
non pécudum cruòre nec àdipe,
sed Unigéniti tui Dòmini nostri Iesu
Christi sànguine
corporéque dicàsti,
ut, supplòso ritu gentis ingràtae,
legi gràtia succéderet,
et una vìctima, per semetìpsam tuae
maiestàti semel oblàta,
mundi totìus
expiàret offénsam.
Hic est Agnus,
lapìdeis praefiguràtus in tàbulis,
non addùctus e grégibus,
sed evéctus e caelo;
nec pastòre ìndigens,
sed Pastor bonus ipse tantùmmodo;
qui ànimam suam
pro suis pòsuit òvibus
et rursus assùmpsit,
ut nobis et humilitàtem divIna
dignàtio
et spem resurréctio corporàlis
osténderet.
Qui coram tondénte se
non vocem quàeruli balàtus emìsit,
sed evangélico proclamàvit oràculo
dicens:
Amodo vidébitis Fìlium hòminis
sedéntem
ad déxteram maiestàtis.
Ipse nobis et te reconcìliat, Pater
omnìpotens,
et pari tecum maiestàte fultus
indùlget.
Nam, quae pàtribus in figùra
contingébant,
nobi in veritàte provéniunt.
Ecce iam ignis colùmna respléndet,
quae plebem Dòmini
beàtae noctis témpore
ad salutària fluénta praecédat,
in quibus persecùtor mérgitur
et Christi pòpulus liberàtus emérgit.
Nam, sancti Spìritus unda concéptus,
per Adam natus ad mortem,
per Christum regìgnitur ad vitam.
Solvàmus ìgitur voluntàrie celebràta
ieiùnia,
quia Pascha nostrum immolàtus est
Christus;
nec solum còrpore epulémur Agni,
sed étiam inebriémur et sànguine.
Huius enim tantùmmodo cruor
non creat piàculum bibéntibus, sed
salùtem.
Ipso quoque vescàmur et àzymo,
quòniam non de solo pane vivit homo,
sed de omni verbo Dei.
Sìquidem hic est panis,
qui descéndit e caelo,
longe praestàntior illo quondam
mannae imbre frugìfluo,
quo tunc Israel epulàtus intériit.
Hoc vero qui véscitur còrpore,
vitae perénnis
posséssor exsìstit.
Ecce vétera transiérunt,
facta sunt òmnia nova.
Nam circumcisiònis mosàicae mucro
iam scàbruit,
et Iesu Nave acùta làpidum obsolévit
aspéritas,
Christi vero pòpulus insignìtur
fronte, non ìnguine,
lavàcro,
non vùlnere,
chrìsmate, non cruòre.
Decet ergo in hoc Dòmini Salvatòris
nostri
vespertìnae resurrectiònis advéntu
céream nos adolére pinguédinem
sed tedam sapiénter perpétuis
praeparàre lumìnibus,
ne, dum òleum candélis adiùngitur,
advéntum Dòmini tardo
prosequàmur obséquio,
qui certe in ictu òculi,
ut corùscus, advéniet.
Igitur in huius diéi véspere
cuncta veneràbilis sacraménti
plenitùdo collìgitur,
et, quae divérsis sunt praefiguràta vel
gesta tempòribus,
huius noctis currìculo
devolùta suppléntur.
Nam primum hoc vespertìnum lumen,
sicut illa dux Magòrum stella, praecédit.
Deìnde mysticae regeneratiònis unda
subséquitur,
velut, dignànte Dòmino, fluénta
Iordànis.
Tértio resurrectiònem Christi
vox apostòlica
sacerdòtis annùntiat.
Tum ad totìus mystérii
suppleméntum
Christo véscitur turba fidélium.
Quae summi sacerdòtis
et antìstitis tui Ambròsii oratiòne
sanctificàta vel méritis,
resurrectiònis domìnicae diem,
Christo in òmnibus
prosperante, suscìpiat.
Per bonum et benedìctum Fìlium tuum
Dòminum nostrum Iesum Christum,
cum quo beàtus vivis et regnas Deus,
in unitàte Spìritus sancti,
per òmnia sàecula saeculòrum.
Amen.

Esultino i cori degli angeli, esulti
l'assemblea celeste. Per la vittoria del
più grande dei re, le trombe squillino
e annuncino la salvezza.
Trz udi la terra irradiata
da tanto fidgo re;
e avvolta dallo splendore dell’eterno Re,
comprenda d’essere liberata dalle
tenebre che avvolgevano il mondo intero.
Gioisca anche la Chiesa madre nostra,
adorna del fulgore di tanta luce,
e questo tempio risuoni per le
acclamazioni del popolo in frsta.
Per questo, fratelli carissimi,
che siete raccolti qui attorno
alla così splendida chiarità di questo
santo lume vi chiedo di invocare
insieme a me la misericordia
di Dio Onnzj,otente affinchè
colui che si è degnato di
annoverarmi non per i miei meriti nel
numero dei Leviti infondendo la
grazia della sua luce ci guidi nel
compiere degnamente la lode di questo cero.
Ci assista Cristo Gesù,
nostro Signore e nostro Dio,
che vive e regna col Padre,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.
Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.
In alto i vostri cuori.
Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore,
nostro Dio.
È cosa buona e giusta.
È veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e
fonte di salvezza,
rendere grazie sempre,
qui ed in ogni luogo, a te,
Signore, Padre santo,
Dio onnzpotente ed eterno.
Th hai consacrato la Pasqua per tutte
le genti senza immolazione dipingui
animali, ma con il corpo
e il sangue di Cristo, tuo Figlio
unigenito. Hai lasciato cadere i riti
del popolo antico
e la tua grazia ha superato la legge.
Una vittima sola ha offerto se stessa
alla tua grandezza, espiando una volta
per sempre il peccato
di tutto il genere umano.
Questa vittima è lAgnello
prefigurato dalla legge antica;
non è scelto dal gregge,
ma inviato dal cielo.
Al pascolo nessuno lo guida,
poiché lui stesso è il Pastore.
Con la morte e con la risurrezione
alle peco re tutto si è donato
perché l’umiliazione di un Dio ci
insegnasse la mitezza di cuore
e la glorificazione di un uomo
ci offlisse una grande speranza.
Dinanzi a chi lo tosava
non volle belare lamento,
ma proclamò l’oracolo evangelico dicendo:
“Tra poco vedrete
il Figlio dell’uomo assiso
alla destra di Dio”
Col suo sacrificio, o Padre,
a te riconcilia i tuoi figli
e, nella sua divina potenza,
ci reca il tuo stesso perdono.
Thtti i segni delle profrzie antiche
oggi per noi si avverano in Cristo.
Ecco: in questa notte beata
la colonna di fuoco risplende
e guida i redenti
alle acque che danno salvezza.
In esse il Maligno rimane sommerso,
ma il popolo del Signore salvo
e liberato ne risale.
Per Adamo siamo nati alla morte;
ora, generati nell’acqua
dallo Spirito Santo,
per Cristo rinasciamo alla vita.
Sciogliamo il nostro volontario digiuno:
Cristo, nostro agnello pasquale,
viene immolato per noi.
Il suo corpo è nutrimento vitale,
il suo sangue è inebriante bevanda;
l’unico sangue che non contamina,
ma dona salvezza immortale
a chi lo riceve.
Mangiamo questo pane senza
fermento, memori che non di
solo pane vive l’uomo
ma di ogni parola che viene da Dio.
Questo pane disceso dal cielo
vale più assai della manna,
piovuta dall’alto come
frconda rugiada.
Essa sfamava Israele, ma non lo
strappava alla morte.
Chi invece di questo corpo si ciba,
conquista la vita perenne.
Ecco: sono cessati i riti antichi,
tutto per noi ridiventa nuovo.
Il coltello della circoncisione
mosaica si è smussato
e non èpiù in uso l’aspro taglio
dei coltelli di pietra
praticato da Giosuè figlio di Nun.
Ilpopolo di Cristo viene segnato
in fronte, non nell’inguine,
con una lavanda, non con una ferita;
col crisma, non col sangue.
Questa notte, dobbiamo attendere
in veglia che il nostro salvatore risorga.
Teniamo dunque le fiaccole accese
come frcero le vergini prudenti;
affinché non avvenga che,
per infondere nuovo olio alle lampade,
non ritardiamo l’omaggio
dovuto all’arrivo del Signore,
il quale certamente verrà
in un batter d’occhio, come la folgore.
Nella sera dunque di questo giorno
si compendia tutta la pienezza
del venerabile mistero di salvezza;
e quanto è stato in tempi diversi
simboleggiato o fatto,
tutto si compie,
svolgendosi nel corso di questa notte.
Poiché anzitutto precede questa luce
vespertina, come quella stella che fu
guida ai Magi.
Viene poi l’onda della mistica
rigenerazione,
come la corrente del Giordano
sant fìcato dal Signore.
In terzo luogo la voce apostolica
del Sacerdote annuncia
la risurrezione di Cristo.
Infine, a compimento di tutto il
mistero, il popolo dei credenti
si nutre di Cristo.
Questo popolo, santificato
dalla preghiera e dai meriti del tuo
sommo sacerdote e vescovo
Ambrogio, si accinge col favore
in tutto di Cristo, a celebrare
il giorno della risurrezione del Signore.
Per i meriti del buono e benedetto
Figlio Tuo Signore nostro
Gesù Cristo,
col quale vivi e regni beato, Dio,
in unità con lo Spirito Santo
per tutti i secoli dei secoli.
Amen.