ENZO PICCININI

Promessa e certezza
L'omelia dell'Arcivescovo di Bologna nella Basilica di San Petronio a Bologna, durante il funerale di Giacomo Biffi
"La mia anima è turbata" (Gv 12,27). Sono le parole di Gesù alpensiero dell'"ora" tremenda che avrebbe tra poco concluso la sua avventura terrena. Sono parole che sentiamo anche nostre in quest'ora penosa e inattesa che stiamo vivendo.
Di fronte al mistero della morte non è mai possibile - per noi, povere creature gettate nell'enigma dell'esistenza - vincere lo sgomento. Del resto, non è stato possibile neppure per il Figlio di Dio. Di fronte a ogni morte si fa più pungente in noi la consapevolezza di quanto sia tormentoso e impenetrabile il nostro destino di uomini, esseri desiderosi di gioia, di pace, di vita che invece siamo fatalmente chiamati alla sofferenza, all'ansia, alla fine che sembra travolgere tutto.
Ma soprattutto siamo sgomenti di fronte a questo nostro fratello carissimo, ghermito improvvisamente da una sorte impietosa che di colpo ha reciso una vita preziosa e intensa, annullando in un istante un patrimonio di straordinaria umanità, di ricchezza spirituale, di donazione senza riserve, di progetti, di alti propositi.
Anche la mia anima è turbata e soffre per la perdita di un amico: l'amico dei giorni riposati e sereni, e dei giorni operosi e impegnati; dei giorni animati e consolati dallo stesso ideale di fattiva testimonianza a Cristo e dalla comune appartenenza ecclesiale, e dei giorni intenti e protesi al miglior servizio possibile al Regno di Dio mistericamente presente nella storia.
L'anima di tutti noi è turbata; e al Signore, che pur ci ha detto di voler venire talvolta in modo repentino e improvviso come un ladro, ci viene spontaneo domandar conto di questa morte come di un furto; una rapina che ha lacerato affetti tenaci e profondi, che ha creato vuoti incolmabili, che ha gettato molti in un dolore che non si quieta.
Ci viene dunque naturale e istintivo chiedere: perché?, anche se sappiamo già che è una domanda senza una risposta umanamente persuasiva. In momenti come questi, alla parola di Dio, alla preghiera, al sacrificio di salvezza che ci apprestiamo a rinnovare, imploriamo solo un po' di luce superiore e un po' di conforto.
Imploriamo che sia data a Fiorisa, ai figli, ai familiari tutti la grazia di soffrire senza smarrirsi e di riprendere con coraggio, nel ricordo di Enzo e col suo esempio, il cammino della vita. Imploriamo perché a tutti noi siano ravvivate da questa celebrazione le ragioni della sola speranza che non può andare delusa. A tutti noi: a don Giussani, che ha trovato e riconosciuto in Enzo un interprete intelligente e un continuatore appassionato della sua forte e originale proposta di adesione al Signore Gesù, unico senso plausibile e supremo dell'intera nostra vicenda; alla Fraternità e a tutto il movimento di Comunione e Liberazione, che piange e rimpiange uno dei suoi più efficaci animatori; a quanti hanno avuto modo di apprezzarne le doti professionali e lo spirito di dedizione del medico e del chirurgo.
Non chiediamo di capire, perché ci sono certe doloranti oscurità che nessuno è in grado di dissiparci finché siamo quaggiù.
Però dalla parola di Dio che è stata proclamata in questo rito, dalla orazione che eleviamo al Padre in questo tempio, dal sacrificio di Cristo che ci viene ripresentato - cioè dall'immolazione di quel Figlio di Dio che non è stato risparmiato ed è stato sottoposto anche lui alla morsa del dolore e alla legge della morte - noi raccogliamo un messaggio di vittoria finale, un annunzio di risurrezione, una promessa di vita eterna che cambia tutto e che nessuna disgrazia può vanificare o alterare.
L'abbiamo ascoltato da quanto ci ha detto san Paolo: "Siamo convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi. Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla Gloria di Dio" (2Cor 4, 14-15). Solo questo messaggio, questo annunzio, questa promessa sanno dare qualche sollievo a quanti oggi piangono; e invochiamo, davanti a questa prova, un supplemento di pace vera e di forza interiore.
Una parola di Gesù ci ha fatto intravedere la logica del nostro Dio - che è il Padre del Crocifisso del Golgota - e così ci aiuta a guardare in avanti con cuore fiducioso e con occhio rasserenato: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo, se invece muore, produce molto frutto" (Gv 12,24).
Dio conosce le strade che portano la vita dei suoi a una più ampia e decisiva fecondità, e trasformano le nostre pene in energia redentrice a vantaggio di tutti i fratelli. Con questa persuasione l'apostolo Paolo può scrivere arditamente: "Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).
Noi deponiamo oggi nei solchi di questa terra emiliana il corpo mortale del nostro amico Enzo. Lo deponiamo come un seme; cioè come una promessa e una certezza di rinvigorita e dilatata vitalità per le aggregazioni di Comunione e Liberazione, per tutto questo nostro popolo, per l'intera famiglia umana.