TESTIMONIANZE
"Lui opererà più di prima"
Caro don Giussani,
le scrivo dopo poco più di una settimana dalla morte di mio padre. Volevo dirle che quando i miei amici mi hanno dato la notizia, durissima, ero infuriata, perché la prima cosa che ho pensato era di fare ogni tentativo per salvarlo, per riportarlo indietro, con evidente e straziante impotenza dei mezzi. La prima cosa che lei mi ha detto quando ci siamo visti è stata: "Lui opererà più di prima" e poi: "È più presente di prima". Ora ho l'impressione, ripensando a molti particolari, che tutto fosse stato preparato minuziosamente per la sua morte. Tutto: gli amici che aveva intorno al lavoro (dove aveva raggiunto il massimo successo), in università, nel movimento e in famiglia. Persino il giardino, a cui lui teneva particolarmente, aveva in qualche modo raggiunto la perfezione. In questi giorni, anche grazie alla disponibilità stupefacente di mia mamma, tantissima gente è venuta a trovarci o ha scritto portando migliaia di testimonianze su come Enzo aveva operato e colpito in ogni luogo e in ogni campo. Alcuni universitari sono stati come fratelli per il modo in cui, con coraggio e discrezione, hanno condiviso con noi questo grande dolore. Con queste persone non possono più esistere per me mezze misure, ma la nostra amicizia può essere solo concepita come missione. Ora quello che desidero è raccontare a tutti quello che è successo, perché qui accadono i miracoli. Volevo ringraziarla perché se questo è possibile è per quello che lei ci ha insegnato e continua ad insegnarci.
Spero ci vedremo presto.
Maria
Il vincolo dell'unità
Carissimo don Gius,
"Enzo ha dato la vita per noi, adesso, la sua famiglia è la nostra". Mossi da questa tua osservazione, siamo andati a visitare la tomba del nostro Enzo. Fiorisa, Pietro, Maria e alcuni ragazzi ci aspettavano sulla porta della piccola chiesa di Portile dove abbiamo celebrato la messa. José Miguel, Javier, Paco, Rafa ed io portavamo con noi tutti coloro che avrebbero voluto essere lì. Dalla Spagna abbiamo spontaneamente cominciato a sentire Enzo come il protettore della unità del movimento, e a chiedergli di intercedere per quel "vincolo che è una autentica gloria" nel mondo. Quando siamo entrati in quel piccolo cimitero e abbiamo visto dove Enzo riposa, si è resa struggente la percezione della grandezza di questo padre: "Che cos'è l'uomo che sembra niente, se Tu non ti curi di lui? Tu l'hai fatto poco meno di Te, lo hai coronato di gloria, gli hai dato una dignità unica". Piangevamo per la grandezza di questo nulla reso eterno e caro. C'era la sua bella mamma e la famiglia di suo fratello. Ad un certo punto, Fiorisa ci ha detto: "Alla madre di Enzo mi lega una grande stima e ci vogliamo molto bene. Senza di lei non avrei potuto vivere la vita con Enzo come ho fatto: Perché io ho vissuto molto da sola, e lei sempre mi ha dato forza, mi ha incoraggiato e aiutato. Mi ha insegnato a cucinare. Insieme a lei ho potuto vivere al mio posto e le devo molto". In quel momento, per la facilità con cui una donna si immedesima con un'altra, ho sentito la grandezza luminosa, infinita e discreta, di Fiorisa, che "come se Dio avesse voluto creare un essere capace di riconoscere che Lui è tutto, era davanti a noi come un eco della Gloria interna al Mistero".
Carmen, Madrid
Un miracolo ben riuscito
La lettera dell'ottobre '97 di una paziente operata da Enzo
Caro Enzo,
sono un miracolo molto ben riuscito, infatti sto proprio bene, ho ripreso il lavoro e tutto il resto a un ritmo pressoché normale. Si stupiscono tutti per come sto. Ti scrivo per esprimerti la mia gratitudine, perché il rapporto con te è stato molto importante in questi mesi e sono convinta che non mi sarei ripresa in questo modo, se tu non mi avessi aiutato come hai fatto. Dal momento che ti ho conosciuto e ti ho visto in azione sono stata colpita dal tuo modo di stare di fronte alla realtà e da subito ho aderito a questa tua posizione che mi convinceva, perché corrispondente, a guardare nella direzione in cui tu guardavi: ti sono venuta dietro. Anche quando la morte era una prospettiva così vicina, così palpabile. Le cose che mi dicevi, il percorso che mi hai fatto fare (esito di una attenzione e di una libertà di fronte ai segni attraverso cui la realtà si rivelava) e la tua presenza hanno consentito al mio io di "esserci", perché continuamente interpellato. È stata l'esperienza di poter guardare al proprio io e alle esigenze del mio cuore con tenerezza, e di accettare quindi anche la provocazione dei momenti di disagio, sostenendone la drammaticità e andandoci fino in fondo. Ho proprio in mente molti momenti disseminati durante il periodo di degenza e durante la convalescenza che, con il tuo aiuto diretto o ricordandomi i suggerimenti che mi avevi dato, sono tappe incancellabili di questo cammino. Insomma volevo dirti la mia gratitudine, non solo per avermi accolto nel tuo reparto (esperienza per me totalmente positiva) e per aver rischiato così in prima persona (come dice il don Gius, "più di tutti"), permettendo questo miracolo, ma anche per la preziosità del rapporto con te che è stato la sorpresa di una corrispondenza e la gratuità dell'imbattersi in un amico che comprende fino in fondo il tuo umano e a cui preme il tuo destino. Forse chiunque cui sia stata salvata la pelle è grato a chi ne è stato lo strumento, ma a me sembra che nel mio caso sia di più di questo, perché tu non mi hai curato "solo" (!) l'intestino; l'aiuto più grosso è stato quello che inserisce l'io e il suo imbattersi con la realtà, innanzitutto con se stessi. Per questo mi sei diventato caro, ti sono affezionata. Non so cosa questo significhi al di fuori della circostanza per cui ci siamo conosciuti, ma forse vuol dire quel che diceva il don Gius al nostro ritiro e cioè che "i legami in quanto si vivono bene sono per l'eternità".
Carla, Milano
Amico fraterno e rigoroso maestro
Il testo della testimonianza letta dai rappresentanti degli studenti al Consiglio di corso di laurea in Medicina, durante la commemorazione di Enzo Piccinini. Bologna, 9 giugno 1999
In data 26 maggio 1999, in un tremendo incidente stradale, è venuto meno il dottor Enzo Piccinini, membro di questa facoltà dal 1980. In questi anni, chiunque abbia avuto occasione di conoscerlo, non potrà dimenticare la dedizione e la tenacia con cui affrontava tutte le circostanze che si trovava a vivere. La sua esistenza, spesa con dedizione totale per la fede cristiana che aveva riscoperto nell'incontro con il movimento di Comunione e Liberazione, è stata un esempio di come l'ideale non fosse per lui un pensiero astratto, ma una tensione concretamente efficace nella vita, nella professione, nei rapporti umani. E in questo ideale che occorre ritrovare la radice vera della sua tenace passione per un continuo miglioramento professionale, una passione che lo aveva portato a stringere stretti rapporti di collaborazione con prestigiose istituzioni d'eccellenza, quali l'Università di Harvard, il Memorial Sloan Kettering Cancer Center, l'Università del South Florida, il Moffitt Cancer Center di Tampa. La stessa volontà di miglioramento si era concretizzata ultimamente anche nella nostra facoltà attraverso la realizzazione di due importanti convegni "Chi insegna, Che cosa" e "Luci e ombre di una riforma annunciata: quale futuro per la sanità?", da lui fortemente voluti. Alla capacità scientifica si associava nel dottor Piccinini una commossa attenzione alla persona: per questo tanti suoi pazienti trovavano in lui, in un difficile momento della propria vita, non solo un eccellente chirurgo, che spesso aveva il coraggio di dare una speranza anche quando sarebbe stato più semplice arrendersi, ma anche una persona amica e carica di umanità, disposta a condividere ogni aspetto del loro bisogno umano. I suoi collaboratori più stretti e gli studenti lo ricordano per la sua capacità di annullare la distanza gerarchica e per la passione all'insegnamento che lo portavano a essere contemporaneamente amico fraterno e rigoroso maestro: insegnare significava per lui "educare" attraverso un rapporto nel quale insieme alle conoscenze scientifiche si trasmettesse la passione alla verità profonda di ogni aspetto del reale. Ci auguriamo che tale patrimonio di professionalità e umanità non venga disperso e che la strada da lui tracciata possa essere percorsa con altrettanto fervore e fedeltà da noi, nuove generazioni.
Croce e resurrezione
Caro don Giussani,
ti siamo vicine nel dolore per la morte di Enzo Piccinini. Sentiamo nostro questo dolore anche nella persona di Chiara, sorella di Enzo e nostra. Sappiamo quanto caro fosse Enzo a te e quanto prezioso per il movimento. La certezza che Dio è più grande del nostro cuore ci sostiene nella speranza che il sacrificio di uno rifluirà in salvezza per tutti. Ho potuto parlare al telefono con Chiara - nella nostra comunità in Venezuela - e con la mamma di Enzo. Quanta verità e profondità di fede in questa anziana signora già così provata dalle vicissitudini della vita! Mi ha colpito la modalità della morte di Enzo: mi ha fatto pensare che come totalizzante è stata la sua adesione a Cristo nella sua vita, così è stata la consumazione di questa vita: come un sacrificio. Lui, che tanto ha curato e servito il corpo degli altri, si è visto consumato il suo come un'offerta per l'opera del Signore. Ma cosa può togliere la morte in una vita che già è donata? Non è questa già la vittoria? Il dono e la consegna di sé, in ogni circostanza della vita, alla Chiesa, non è già l'inizio della resurrezione. pur nella croce che Cristo sceglie per noi, per la salvezza di tutti? Enzo ha indicato tante volte il cammino e l'ha suggellato nel momento supremo: ogni momento della vita è un'offerta, perché Cristo trasformi la nostra finitezza nella sua gloria. Che questa gloria risplenda perché ognuno possa riconfortarsene, perché non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate si dà la vita, ma perché ne vale la pena. E nella certezza che solo Cristo può dare che ti abbraccio, con un grande bene dentro per te, con il desiderio che anche noi possiamo essere sempre più vere nell'offerta. Benedicimi insieme a tutte le sorelle.
Rosi, Vitorchiano
Un uppercut al mento
Caro Gius,
non so quando leggerai questa mia, sappi che all'origine è Enzo, il giudizio che Enzo è sulla nostra vita. E subito devo dirti grazie per il tuo messaggio - dopo qualche ora di stordimento, come un uppercut al mento la notizia della sua morte - quel tuo messaggio e le ultime righe dove tu, buon padre, ci hai strappato subito via da quella tentazione malvagia e schifosa, frutto della mentalità inoculata dal mondo, che è la disperanza: "Perciò preghiamo anche Enzo - ci hai scritto in chiusa della lettera - di aiutarci a ricordare tutto questo, prima che il mondo assalga il nostro cuore e vi distrugga ogni positività e quindi ogni speranza". "Tutto questo" è la sovrabbondanza di quel centuplo quaggiù che noi vediamo, tocchiamo, sperimentiamo. "Tutto questo" così almeno sento io - è la Grazia: in questa nostra umanità resa imperfetta dalla realtà del peccato la Grazia è il carisma del movimento, è il volo ut sis dell'amicizia cristiana che io vedo, percepisco e capisco, non perché l'ho letto in sant'Agostino, ma perché appartengo al movimento. Il centuplo quaggiù, il gusto della realtà, delle cose, del mondo, del creato, il possesso vero: è proprio l'Infinito che ha preso dimora in mezzo a noi, questa cosa così piena di limiti e così perfetta che è la Fraternità.
Luigi, Milano
Da fratello a sorella
Ciao Picci,
ti scrivo poco prima del tuo esame (qui sono le 13:46). In bocca al lupo! Mi raccomando. Io ho ripreso qui a Lugano, anche se faccio abbastanza fatica e anche io a volte ho la testa per aria. Certi momenti mi sembra di non riuscire a rendermi conto di tutto quello che è successo. Poi mi vengono in mente alcuni volti (specialmente quelli dei migliori amici di papà, di quelli che lo hanno preso sul serio almeno una volta) per cui non posso che ammettere che la paternità di nostro padre non verrà mai a mancarci perché consisteva tutta nella grandezza dell'ideale a cui lui con i suoi amici ha dato tutta la vita. Tutta. Io mi sento minuscolo, ma capisco in modo sferzante che adesso sono ancora più di prima chiamato a portare a Lugano e dove sono quello che è il papà. Io sono disposto a dare tutto perché, fra noi figli soprattutto, si rafforzi l'amicizia, l'unità e la decisione ad amare Cristo che nostro padre ha fatto nascere. Ti prego di aiutarmi a capire la grandezza del papà. Ti voglio bene. Ci sentiamo presto e... non preoccuparti perché neanche tu in Cina sei sola.
Ciao Pietro
Due ore di dialogo
Ho conosciuto il dottor Enzo Piccinini nell'ambulatorio del Policlinico Sant'Orsola di Bologna il 14 Aprile 1999; mi ero recata da lui per un consulto medico. Dopo due ore di dialogo sono uscita dall'ambulatorio con una diagnosi soddisfacente e molto serena. Avevo la sensazione di aver conosciuto, non solo un medico, ma una persona grande, profonda e diretta, concreta, umana, capace di trasmettere in poco tempo un qualcosa che subito non riuscivo a definire bene. Spesso mi tornano alla mente le sue parole, i suoi esempi. Da quel giorno mi sono posta molte domande, ricordandomi ciò che mi aveva detto. Il 28 maggio un'amica che lo conosceva bene mi ha comunicato la sua morte; saputo questo ho cercato di parlare con persone sue conoscenti e ho trovato alcune risposte ai miei interrogativi. Ho capito che era un uomo grande per l'immenso amore per Cristo e per ciò che sapeva trasmettere agli altri.
Carla, Forlì