LUDWIG VAN BEETHOVEN - SINFONIA 5 E 6

Luigi Giussani

Nella musica, nel panorama della natura, nel sogno notturno (come scrive nel suo Canto Notturno... Leopardi), è a qualcosa d'altro che l'uomo rende il suo omaggio, da cui aspetta: lo aspetta. Il suo entusiasmo è per qualcosa che la musica, o tutto ciò che è bello al mondo, ha destato dentro. Quando l'uomo "pre-sente" questo, immediatamente piega l'animo ad attendere l'altra cosa: anche davanti a ciò che può afferrare, attende un'altra cosa; afferra ciò che può afferrare, ma attende un'altra cosa.

In senso cronologico è stata quest'opera di Beethoven che ho fatto ascoltare ai primi studenti, ai primi dieci, quindici che si raccoglievano con me. E l'ho fatto per eccitare in loro quella dimensione ideale e rischiosa della vita senza la quale non si fa niente, si è come tutti gli altri, ci si annoia come tutti gli altri: non per nulla è chiamata "la sinfonia del destino". Ascoltavamo innanzitutto il primo movimento della Sinfonia, quello del "destino che bussa alla porta". L'inizio è l'irrompere di un avvenimento. Tutto il dramma dell'orchestra si svolge a partire dall'avvenimento di quelle quattro note iniziali che continuamente si ripropongono. In esse si esprime quel destino che attraversa, nella vita, la percezione dello smarrimento, della disfatta o della tristezza e si mostra, a volte, nel suo aspetto più duro di prova o di tentazione.

La tentazione è una tempesta, come quella descritta in modo mirabile nel quarto movimento della Sesta Sinfonia, per me la più riuscita di Beethoven. Quel movimento prelude, anticipa e descrive la tempesta che avviene e che passa. Passa, e tutto finisce nella dolcezza delle cose che sono fatte.