UNA SAGGEZZA CHE SCATURISCE DAI PRIMI CANTI

Luigi Giussani - Esercizi spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione, Rimini, 21 maggio 2000

Vi sto parlando… è tutto oggi, tutto ieri, tutto l'altro ieri, è tutta la vita che ci parliamo, perché è proprio vero quanto si trova nei contenuti dei primi nostri canti, fin dai contenuti dei nostri primi canti.

1. Io non sono degno di ciò che fai per me, Tu che ami tanto uno come me. 1 È veramente amaro il fatto che Dio ci abbia cresciuto in una carità e in una coscienza viva di quello che è la vita dell'uomo, di quello che è il movimento, di tutta quanta la Chiesa, di quella che è la fine dell'uomo, il fine dell'uomo - coincidendo quest'ultimo con la fine dell'uomo -, e noi ne siamo così indegni.
Io non sono degno di ciò che fai per me. Pensate come, tutti i giorni che passano, io aumento dentro di me lo stupore per quel che Dio fa! E Dio fa oggi perché ha fatto ieri! Per questo è una realtà nuova nel mondo, che è entrata nel mondo; è una unità nuova che è entrata nel mondo della Chiesa - per cui si può anche, si deve anche aggiungere che una realtà nuova all'interno della Chiesa aumenta, fa sprigionare più amorosamente e più lucentemente quello che la Chiesa è.
Vedi, io non sono degno di ciò che fai per me, io che non ho nulla da donare a Te. Ti dico, però: se Tu lo vuoi, prendi me.

2. Ripensavo in questi giorni a tutta l'enorme quantità di vita e di pensiero che c'è stata tra noi. Perché è molto significativo che il primo canto che è accaduto tra di noi (dico accaduto perché è così) dia già tutta la dimensione della domanda - cioè della ragione - che ci muove; e, dall'altra parte, ha già dato la risposta.
Provate a pensare all'inno del nostro movimento, a quelle parole che ha dettato la Maretta Campi, con la musica creata dalla Adriana Mascagni: Povera voce di un uomo che non c'è, la nostra voce se non ha più un perché. 2 Ma deve gridare, deve implorare che il respiro della vita non abbia fine. L'urto di cui abbiamo, di cui hanno parlato così bene questa mattina, l'urto grande del desiderio della vita, con l'emozione, con l'impegno, con l'emozione del sentimento, con l'impegno della libertà, potrebbe anche essere subìto come necessità da realizzare.
Povera voce di un uomo che non c'è: se questa voce non avesse un perché, sarebbe fallace e vuota. Per questo, se deve gridare e deve implorare che il respiro della vita non abbia fine, deve anche cantare perché la vita c'è. Questa è la ragione immensa, senza paragone con nessun'altra parola. Tutta la vita chiede l'eternità. Alzandoci al mattino per una giornata frenetica, per una giornata faticosa, per una giornata libera da accordi particolari, deve cantare perché la vita c'è; tutta la vita chiede l'eternità.
Tutta la vita chiede l'eternità. Provate a pensare a quarant'anni in cui tutta la vita ha chiesto l'eternità! Non può morire, non può finire, la nostra voce che la vita chiede all'amore. Per questo non è povera voce di un uomo che non c'è: la nostra voce canta con un perché.
Quando ripensavo in questi giorni a chi ha composto questo canto, con le parole e con la musica - sono state due amiche di 15-16 anni -, mi chiedevo: ma chi è capace adesso di trovare un'espressione sintetica e vivace, capace di richiesta, riconoscibile da tutti come seria e sincera?

3. Quando Giuda ha finito di stare con Gesù ed è uscito per tradirlo, per andare a tradire, il Vangelo mi pare dica: Erat autem nox 3, era notte.
Dimenticare o lasciare cadere quello che ci è stato detto, quello che ci viene detto, sarebbe un fare precipitare tutta la nostra vita in quella oscurità cui sembra essere destinata la vita della maggioranza degli uomini.
Noi avanziamo nell'esistenza attraverso una sicurezza che brucia via tutte le nostre incombenze e tutte le nostre paure di forze che mancassero.
La speranza per noi è una certezza, una certezza per il futuro. Per uno che camminasse senza certezza su dove deve arrivare, sarebbe come la tragedia di un pover'uomo.
Ma noi permettiamo che l'oscurità ci avvinca troppe volte, soprattutto più che il desiderio della verità c'è la delusione di una incredulità.
Ora tu dimmi come può sperare un uomo che ha in mano tutto, ma non ha il perdono. 4 Questa è forse l'osservazione più umana e travolgente che ci sia.
Come può sperare un uomo che ha in mano tutto, ma non ha il perdono; che non riconosce il perdono che è l'aspetto più drammatico e più convincente del rapporto che il Mistero ha con noi in modo tale che non ammette il perdono come suprema forma dei rapporti tra sé e gli altri uomini (dice il Padre nostro: Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori). L'uomo per il quale è prevalente il senso del proprio nulla, il sentimento del proprio sconforto, è dominato però e si lascia dominare, diventa schiavo di ciò che il mondo dice. E il mondo, presto o tardi, sulla certezza della felicità umana, ha la negazione.
Erat autem nox, era notte. L'oscurità, in cui la sorgente della nostra speranza, la forza di essa cadono, è da noi assecondata, siccome quella speranza non è una risposta che appare immediatamente viva e realizzata. Siamo allora come la coscienza dell'uomo quando è al livello dell'impostura. Per questo è oscurato anche tutto il vantaggio della nostra amicizia, della nostra Fraternità, tutto il vantaggio della vita della Chiesa nella storia.
Tutta la negatività prevale quando l'uomo è Giuda, quando non può evitare questa identificazione con Giuda, con il traditore; ma egli, invece che gridare, dovrebbe implorare che il destino della vita non abbia fine.
Comunque, nulla ci sarebbe stato nel mondo che ci avrebbe potuto aiutare realmente. Ma essendoci bisogno di qualcuno che ci liberi dal male, Dio si è reso, il Mistero si è reso tangibilmente presente, carne della nostra carne.
Lo sguardo a Gesù nel seno della Madonna è la cosa più liberante, più grande, la più grande che noi possiamo concepire. Aiutiamoci a camminare sempre di più alla luce di questo, perché l'assopimento dell'energia non oscuri la verità della luce.


NOTE
  1. Claudio Chieffo, Io non sono degno, in Canti, Cooperativa Edit. Nuovo Mondo, Milano 1996, pp. 176-177.
  2. Maretta Campi, Adriana Mascagni, Povera voce, in Canti, op. cit., p.189.
  3. Gv 13,30.
  4. Claudio Chieffo, Ballata del potere, in Canti, op.cit., pp.195-196.